La malattia di Alzheimer

Cos'è la malattia di Alzheimer?

La malattia di Alzheimer è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale, che si manifesta con disturbi della memoria, deficit del pensiero astratto e della capacità di giudizio, modificazioni della personalità e del comportamento. Tale progressivo decadimento cognitivo (demenza) comporta prima una difficoltà, poi una impossibilità di svolgere le comuni attività quotidiane e una grave riduzione dell'autonomia personale. La malattia di Alzheimer è la forma di demenza più frequente, in quanto rappresenta il 60% di tutti i casi. Il rischio di ammalare di Alzheimer aumenta costantemente con l'età: infatti colpisce circa il 5% delle persone oltre i 65 anni, ma raggiunge il 20-40% dopo gli 85 anni. La malattia è stata descritta per la prima volta nel 1907 dal neurologo tedesco Alois Alzheimer, che descrisse le tipiche lesioni, placche senili e intrecci neurofibrillari, nel cervello di una donna di 51 anni affetta da demenza progressiva.

 

Quali sono le cause?

Le cause della malattia di Alzheimer non sono ancora chiare: è probabile che sia necessario l'effetto di molti fattori per sviluppare la malattia. Le ricerche attuali sono rivolte allo studio di differenti ipotesi come l'invecchiamento accelerato, la predisposizione genetica, i fattori tossici ambientali o anche interni all'organismo. E' chiaro che i fattori ambientali posso interagire con cause genetiche predisponenti. In alcune famiglie la malattia ha una chiara ereditarietà dominante, ma si tratta di casi molto rari (circa 1%). In un maggior numero di casi si riscontra una certa predisposizione genetica, testimoniata dalla presenza di qualche altro familiare, anche lontano, colpito dalla malattia. Tra i fattori genetici che aumentano il rischio di malattia vi è l'apolipoproteina E nella sua forma E 4.

Qual'è il decorso?

La malattia ha un decorso progressivo; la durata media della malattia è circa 10 anni, ma presenta una notevole variabilità individuale. L'esordio è insidioso e talvolta i primi segni sono sottovalutati e attribuiti semplicemente all'invecchiamento. Nella maggior parte dei casi i segni iniziali sono rappresentati da deficit della memoria (84% dei casi) e da disturbi del linguaggio (76% dei casi)ì; si ha inoltre una riduzione dell'iniziativa, l'abbandono degli hobby, modificazioni del carattere e del comportamento. Successivamente il quadro clinico diventa più evidente con disturbi sempre più gravi della memoria, disorientamento temporale e spaziale, deficit dell'attenzione e della concentrazione. Talvolta anche in fase precoce possono comparire allucinazioni e agitazione psicomotoria. I pazienti con il passare del tempo diventano sempre meno autosufficienti e devono essere continuamente assistiti. La malattia in realtà non colpisce solo il paziente ma tutta la famiglia, sulla quale grava un enorme carico assistenziale ed emotivo.

 

Come si fa la diagnosi?

Quando c'è il sospetto di un deterioramento cognitivo si dovrebbe sempre eseguire una completa valutazione diagnostica per differenziare la malattia di Alzheimer da altre situazioni che possono dare sintomi simili. La diagnosi precoce permette di programmare la vita futura del paziente e della sua famiglia, e di ricorrere ai trattamenti farmacologici e assistenziali più appropriati. Per la diagnosi è necessaria una visita accurata, la raccolta delle notizie sul comportamento del paziente, alcuni esami ematici e strumentali. La valutazione delle funzioni cognitive mediante test può aiutare a distinguere la demenza dalla depressione e fornisce un bilancio preciso delle capacità intellettive del malato. La TAC cerebrale o la risonanza Magnetica permettono di escludere altre cause di demenza (lesioni vascolari, tumori, etc.). Nei singoli casi posso no essere utili altri esami a giudizio dello specialista. Benché la diagnosi di certezza si possa avere solo con l'esame istologico del cervello post mortem, la diagnosi clinica basata su alcuni criteri diagnostici raggiunge l'accuratezza del 90%.

Alcuni dati su cui riflettere

Il fatto che questa malattia colpisca soprattutto le persone anziane rende ancor più drammatico il problema se si pensa alla crescita costante della popolazione anziana rispetto a quella giovane; inoltre gli studi ILSA e del Progetto Finalizzato Invecchiamento hanno evidenziato la maggior prevalenza di questa malattia in base all'età rispetto ad altre malattie tipiche dell'età senile: Il problema non è solo la perdita di autosufficienza del malato, ma anche le ripercussioni sui familiari: molto spesso infatti alla perdita d i reddito del malato, che non è più in grado di compiere gli "atti quotidiani della vita" ( e quindi anche la capacità di lavoro), si aggiunge quella del familiare, che per assistere e curare il malato è costretto anch'esso a lasciare il lavoro.

 

Che cosa si può fare?

Al momento non esistono terapie che possano arrestare la malattia. Alcuni farmaci recentemente scoperti (gli inibitori delle colinesterasi, come il donepezil e la rivastigmina) sono in grado di rallentare per qualche tempo la progressione dei sintomi. Gli interventi più importanti rimangono comunque quelli di tipo assistenziale. Secondo i dati inglesi, il 75-80% dei malati vive in famiglia: dato che l'assistenza di un malato Alzheimer richiede un impegno fisico, economico, affettivo e psicologico estremamente duro e sfibrante, è necessario che la famiglia sia aiutata con un sistema di supporto sociale e assistenziale efficiente. E' importante che la famiglia non si senta abbandonata da tutti e completamente sola. Per questo motivo è nata nel 1985 l'Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, che raccoglie familiari, medici, operatori socio-sanitari.

 

Il decorso della malattia si può schematizzare in alcuni stadi:

Fase iniziale
- Difficoltà nel ricordare gli eventi recenti
- Lieve disorientamento temporale
- Difficoltà a trovare le parole giuste
- Ansia / Depressione
- Riduzione dell'iniziativa
- Difficoltà ad affrontare situazioni nuove

Fase intermedia
- Disorientamento spazio-temporale
- Deficit di memoria moderato-grave
- Evidente disturbo del linguaggio con difficoltà anche della comprensione
- Aprassia (difficoltà nel maneggiare gli oggetti, difficoltà nel vestirsi)
- Agnosia (difficoltà nel riconoscere oggetti e persone)
- Deliri, allucinazioni, aggressività, vagabondaggio, collezionismo)
- Rallentamento psicomotorio
- Necessità di supervisione e controllo in diverse attività della vita quotidiana

Fase avanzata
- Grave perdita delle funzioni cognitive
- Perdita del linguaggio (mutismo, gergo semantico)
- Segni neurologici come crisi epilettiche, mioclono
- Perdita della capacità della cura personale, con necessità di assistenza anche per attività elementari
- Incontinenza sfinterica

Fase terminale
- Apatia, inerzia
- Perdita completa delle funzioni cognitive
- Incontinenza
- Perdita della deambulazione e della capacità di alimentarsi
- Perdita di peso
- Complicazioni (polmoniti, tromboflebiti, ulcere)

 

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