LA LESIONE AL MIDOLLO SPINALE

  • quest'argomento è divulgato esclusivamente a scopo informativo, vuole essere un servizio utile e di pubblico interesse 

  • Le lesioni spinali determinano quattro gruppi eterogenei di quadri clinici:  

    paraplegia,

    tetraplegia,

    paraparesi,

    tetraparesi.

    Il midollo spinale è un organo segmentario e di conduzione che trasporta ai centri soprastanti informazioni somestesiche afferenti e da questi trasporta ordini motori efferenti. Pertanto, per paraplegia si intende una sindrome sensitivo-motoria con paralisi degli arti inferiori e disturbi sfinterici, mentre nella tetraplegia si aggiungono anche paralisi degli arti superiori e disturbi neurovegetativi; la paraparesi e la tetraparesi sono rispettivamente la paralisi incompleta degli arti inferiori e la paralisi incompleta dei quattro arti.

    Solitamente si considera tetraplegico anche chi presenta una motricità residua relativamente valida degli arti superiori ma comunque compromessa. 

    La tetraplegia e la tetraparesi sono conseguenze di una lesione del tratto cervicale del midollo spinale, la paraplegia e la paraparesi sono conseguenze di una lesione localizzata nel tratto dorsale o lombare. Le lesioni midollari possono quindi essere complete o incomplete; nel secondo caso la prognosi quoad functionem sarà ovviamente migliore. 

    I traumi costituiscono la causa più frequente di lesione midollare; esistono anche patologie non traumatiche - come la mielite virale, l’infarto del midollo e la ematomielia - che possono determinare una lesione spinale.  

    La paraplegia e la tetraplegia non sono malattie ma condizioni umane nelle quali vengono a trovarsi ogni anno in Italia circa 1.000 persone; esse vanno ad aggiungersi ai circa 70.000 casi già esistenti. Le statistiche presenti in letteratura indicano che ogni anno ci sono nei paesi industrializzati dai 13 ai 30 nuovi casi di lesioni midollare per milione di abitanti. 

    L’esito della lesione midollare era noto sin dai tempi della civiltà egizia; anche Ippocrate descrisse le conseguenze di un trauma midollare e dopo di lui molti altri illustri medici del passato si interessarono del trattamento dei soggetti con lesione mielica. Alla fine dello scorso secolo ed agli inizi di questo ci sono stati numerosi contributi di famosi clinici, ma la situazione della persona con lesione spinale è rimasta fondamentalmente invariata dagli inizi della storia della medicina fino al secondo conflitto mondiale. Prima di allora i paraplegici ed i tetraplegici avevano un’aspettativa di vita estremamente bassa e ciò in primo luogo avveniva a causa delle complicanze polmonari e renali e per le ulcere da decubito. Dopo la scoperta degli antibiotici divenne possibile debellare tali infezioni, frequenti soprattutto durante la fase acuta. 

    Il medico che per primo comprese che il midolloleso può e deve tornare ad essere una persona nel vero e proprio significato del termine fu Ludwig Guttmann; egli fondò nel 1944 la prima Unità Spinale del mondo, ovvero il centro ospedaliero dove vengono curati i mielolesi dal momento dell’insorgenza della lesione fino al giorno del ritorno in famiglia. Questo centro è tuttora funzionante nei dintorni di Londra.  

    Subito dopo sorgono nel resto d’Europa e nel Nord America molte altre unità spinali. In quel periodo il nostro era uno dei paesi all’avanguardia nella cura dei paraplegici; purtroppo questa competenza è andata quasi completamente perduta negli anni ’70 e ‘80, tanto da arrivare al punto che molti para e tetraplegici italiani sono stati e sono tuttora costretti ad essere curati in centri stranieri. In tanti vi sono giunti in condizioni disperate, con ulcere da decubito molto estese, fistole uretrali, calcificazioni e complicanze internistiche di entità così grave da determinare in molti casi il decesso.  

    La lesione spinale è sicuramente la patologia che più frequentemente causa disabilità grave e permanente nei giovani.  

     

    Classificazione delle sindromi midollari  

    Sindrome midollare da sezione trasversa completa  

    Nella fase acuta non è presente nessuna attività volontaria o riflessa sottolesionale: si tratta della fase di shock spinale. Durante questo periodo i muscoli innervati dai segmenti midollari sottostanti alla lesione sono completamente flaccidi.  

    Il primo segno di superamento della fase di shock spinale è dato dalla ricomparsa del riflesso bulbo-cavernoso. Fino a questo evento non si può affermare con certezza l’esistenza di una sindrome da sezione trasversa completa; infatti lo shock spinale che accompagna le sindromi da interruzione parziale del midollo può mascherare nella fase acuta il risparmio sacrale il quale è indice della parzialità della lesione.  

    La porzione sacrale del fascio piramidale crociato e del fascio spinotalamico laterale è posta lateralmente e perifericamente rispetto a quella lombare e toracica; ciò può spiegare perché le fibre sacrali possono essere risparmiate

    più o meno completamente nelle lesioni traumatiche in cui solitamente i danni maggiori si vedono nella parte centrale del midollo.  

    Il risparmio motorio sacrale può consistere nel controllo volontario dello sfintere anale o dei muscoli flessori ed estensori delle dita dei piedi. Se lo sfintere non è in grado di contrarsi volontariamente e non ci sono altri segni di motilità volontaria al di sotto del livello della lesione, viene confermata la diagnosi di lesione completa; inoltre, se dopo la ricomparsa del riflesso bulbo-cavernoso non si osserva alcun risparmio motorio o sensitivo sottolesionale, vi è la certezza di una sezione midollare trasversa irreversibile.  

    Da un punto di vista anatomo-patologico si osservano ischemia midollare con interruzione del flusso arterioso, emorragie intramidollari e necrosi del tessuto nervoso. Progressivamente si osserva sostituzione cicatriziale del midollo lesionato; clinicamente la paralisi spesso diviene spastica, con vescica e funzione rettale riflesse, ad eccezione delle forme con distruzione midollare massiva in cui la paralisi persiste flaccida.  

    Sindrome midollare da sezione trasversa incompleta  

    Esistono vari tipi di sindrome midollare incompleta; ovviamente il quadro clinico varia in funzione dell’estensione della lesione, sia in senso trasversale che rostrale e caudale.

    Sindrome dei 2/3 anteriori. Consiste in una paralisi spastica sotto il livello della lesione in quanto i fasci corticospinali che portano il controllo motorio ai motoneuroni delle corna anteriori transitano nei cordoni laterali; risultano compromessi i fasci che veicolano la sensibilità tattile, termica e dolorifica nei cordoni antero-laterali, mentre è conservata la sensibilità vibratoria e quella stato-cinestesica, le cui vie transitano nei cordoni posteriori.

    Sindrome del cordone posteriore. Consiste in una compromissione della sensibilità profonda, per cui il soggetto non è in grado di percepire la posizione dei segmenti corporei (atassia sensitiva).

    Sindrome di Brown-Séquard da emisezione midollare. Consiste in una paralisi spastica distale e omolaterale che si accompagna a deficit della sensibilità profonda e ad anestesia tatto-termo-dolorifica controlaterale, determinata dal fatto che le fibre del fascio spinotalamico si decussano a livello del metamero di ingresso e ascendono nei cordoni anterolaterali eterolaterali.

    Sindrome centro midollare di Schneider. È quasi esclusivamente localizzata in sede cervicale ed è caratterizzata da un risparmio sacrale sensitivo e da una paresi importante agli arti superiori.  

     

    Il livello della lesione midollare  

    È fondamentale la conoscenza del livello lesionale in quanto attraverso di essa si comprende quali metameri e mielomeri saranno compromessi dall’inattivazione anatomo-funzionale. 

    La determinazione del livello della lesione spinale è resa possibile dalla disposizione metamerico-segmentale. Il livello lesionale motorio si ottiene stabilendo quale è il segmento midollare più caudale al quale appartengono i muscoli ancora sotto il controllo volontario.  

    Il livello sensitivo si ottiene testando la sensibilità dolorifica e tattile superficiale con la punta di uno spillo ed un batuffolo di ovatta.  

     

    Ricerca scientifica  

    A tutt’oggi non esistono soluzioni che consentano la guarigione da una lesione midollare.  

    La ricerca ha tuttavia raggiunto negli ultimi anni risultati incoraggianti nel campo della rigenerazione del midollo spinale.  

    In letteratura sono citate varie molecole che avrebbero dato qualche risultato se somministrate nelle prime ore dal trauma:

    tripsina,

    elastasi,

    ialuronidasi.

    clonidina,

    naloxone,

    TRH,

    monosialogangliosidi,

    metilprednisolone,

    cefalosporina.

    La terapia sperimentale di tipo chirurgico mirata all’ottenimento della ricostruzione o comunque della rigenerazione del midollo si basa essenzialmente su tre tipologie di intervento:

    il trapianto autologo di cellule di Schwann,

    il trapianto di neuroblasti (con i relativi problemi di natura etica),

    la trasposizione dell’omento (metodica praticamente abbandonata).

    I fattori conosciuti che impediscono al midollo spinale e più in generale a tutto il sistema nervoso centrale di rigenerarsi sono:

    la presenza di un fattore di inibizione,

    la presenza delle cellule gliali.  

     

    Quadro clinico  

    I sintomi della sindrome midollare sono diversi e in relazione al livello ed al tipo di lesione ed anche ad una corretta riabilitazione e ad una razionale terapia medica. Essi sono di natura:

    motoria e da ipertonia,

    sensitiva e della percezione corporea,

    genito-urinaria,

    intestinale,

    neurovegetativa,

    del metabolismo del calcio,

    respiratoria,

    psicologica.

    Le possibili complicanze della fase acuta e cronica della lesione midollare possono essere:

    l’insufficienza respiratoria,

    l’ulcera da stress,

    l’edema polmonare acuto,

    la flebotrombosi,

    le ulcere da decubito,

    l’insufficienza renale,

    la disreflessia autonoma (nelle lesioni al di sopra di D6),

    la siringomielia,

    le paraosteoartropatie,

    la spasticità di grado rilevante,

    la depressione maggiore con o senza ideazione suicidaria.

    Per quanto riguarda l’importanza della prevenzione delle complicanze, ad esempio per ciò che concerne i disturbi genito-urinari, la tempestiva diagnosi e la cura delle infezioni urinarie, l’abolizione dell’uso del catetere a permanenza e la prevenzione del reflusso prostatico fanno sì che siano di molto ridimensionati o del tutto superati tali problemi. Per l’incontinenza urinaria è venuta in aiuto la bioingegneria; esistono infatti degli stimolatori vescicali impiantati nella zona sacrale, che consentono di svuotare la vescica quando il soggetto lo desideri, prevenendo pertanto il reflusso ureterale, le complicanze dovute alla presenza del residuo post-minzionale e dalla dissinergia detrusore-sfintere.  

    Per quei casi che presentano un rilevante aumento del tono muscolare è possibile impiantare sotto la cute dell’addome un infusore molto sofisticato che consente la somministrazione costante intratecale del baclofene, farmaco miorilassante, direttamente nel liquido cerebro-spinale.  

     

    Unità spinale unipolare  

    L’Unità Spinale Unipolare è il luogo dove il mieloleso viene curato durante tutto il lungo e difficile periodo della riabilitazione; è quindi una divisione ospedaliera ad altissima specializzazione la quale deve possedere caratteristiche di multidisciplinarietà in quanto il paziente spinale necessita di una equipe costituita da sanitari di varie aree:

    anestesiologia e rianimazione,

    chirurgia plastica e ricostruttiva,

    fisioterapia

    ginecologia ed ostetricia,

    medicina fisica e riabilitazione,

    medicina interna,

    neurochirurgia,

    neurofisiopatologia,

    ortopedia e traumatologia,

    psicologia clinica e psichiatria,

    radiodiagnostica,

    terapia occupazionale,

    urologia, urodinamica ed andrologia

     

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