STUDIO CONTROLLO DI IMMUNOTERAPIA PER ASMA IN BAMBINI ALLERGICI

N. Franklin Adkinson, Jr., Peyton A. Eggleston, Donald Eney, Eugene O. Goldstein, Kenneth C. Schuberth, John R. Bacon, Robert G. Hamilton, Michael E. Weiss, Hasan Arshad, Curtis L. Meinert, James Tonascia, Barbara Wheeler

Abstract

BACKGROUND - Le iniezioni sottocutanee di allergeni sono largamente prescritte per pazienti con asma, ma poco è conosciuto circa l'efficacia dell'immunoterapia.

METODI - Abbiamo condotto uno studio in doppio cieco, placebo-controllo di immunoterapia con allergeni multipli in 121 bambini allergici con asma perenne (tutto l'anno) di grado da moderato a severo. I bambini, che richiedevano una terapia quotidiana per l’asma, erano casualmente individuati per ricevere iniezioni sottocutanee o di una miscela fino a sette estratti dell'aeroallergene oppure di un placebo. Le iniezioni di mantenimento sono state continuate per 18 mesi o più a lungo.
La terapia è stata corretta ogni due o tre settimane sulla base dei valori del flusso di picco e sui sintomi.
La conseguenza principale è stato il risultato della terapia quotidiana. La sensibilità bronchiale alla metacolina (la concentrazione che provoca un 20% di riduzione del volume espiratorio forzato in uno secondo [PC20]) è stata valutata due volte all'anno.

RISULTATI - La media del punteggio della cura è diminuita da 5,4 a 4,9 nel gruppo sottoposto a immunoterapia (P0.6). Il numero dei giorni nei quali il corticosteroide orale è stato usato era simile nei due gruppi.
La media del PC20 è aumentato significativamente in entrambi gruppi, ma ancora senza differenza tra i due gruppi.

CONCLUSIONE - La immunoterapia con iniezioni di allergeni per più di due anni non è stata di nessun beneficio significativo in bambini allergici con asma perenne che avevano un trattamento medico appropriato.
(New England Journal of Medicine 1997;336:324-31.)

Fonti di informazione:
From the Asthma and Allergy Center and the Department of Medicine (N.F.A., R.G.H., M.E.W., H.A., B.W.) and the Department of Pediatrics (P.A.E., D.E., E.O.G., K.C.S., J.R.B.), Johns Hopkins University School of Medicine, and the Departments of Biostatistics and Epidemiology, Johns Hopkins School of Hygiene and Public Health (C.L.M., J.T.) -- both in Baltimore. Address reprint requests to Dr. Adkinson at 5501 Hopkins Bayview Cir., Baltimore, MD 21224-6801.



EFFICACIA COSTO DEL TRATTAMENTO CON SIMVASTATINA NEL DIMINUIRE I LIVELLI DI COLESTEROLO IN PAZIENTI CORONAROPATICI

Magnus Johannesson, Bengt Jonsson, John Kjekshus, Anders G. Olsson, Terje R. Pedersen, Hans Wedel, per il Gruppo Studio Scandinavo di Sopravvivenza per la Simvastatina

Abstract

BACKGROUND - Lo Studio Simvastatina Scandinavo di Sopravvivenza (4S) ha dimostrato che abbassando i livelli del colesterolo con la simvastatina si riduce la mortalità e la morbilità in pazienti con angina pectoris o precedente infarto acuto del miocardio. Prima che l'uso di farmaci ipocolesterolemizzanti sia comunemente raccomandato in tali pazienti, dovrebbe essere fatta una dimostrazione della sua efficacia raffrontata al costo. Abbiamo valutato l'efficacia-costo del trattamento con la simvastatina nell'abbassare i livelli di colesterolo in relazione all'età, sesso, e al livello di colesterolo precedente al trattamento di pazienti coronaropatici.

METODI - Abbiamo valutato il costo per anno di vita guadagnato con la terapia della simvastatina. Per valutare l'incremento dell'aspettativa di vita ci siamo serviti delle funzioni di rischio dal 4S. I costi esaminati hanno incluso quelli di intervento e le spese dirette ed indirette associati alla morbilità da cause coronarie. Abbiamo preparato preventivi separati per uomini e donne di età differenti (da 35 a 70 anni) e con livello del colesterolo totale prima del trattamento (213 a 309 mg/100ml).

RISULTATI - Nell'analisi limitata ai costi diretti, il costo di ciascuno anno di vita guadagnato è variato da $3.800 per uomini di 70 anni con 309 mg%ml di colesterolo a $27.400 per donne di 35 anni con 213 mg%ml di colesterolo. Quando comprendiamo i costi indiretti, i risultati sono variati da un risparmio nei pazienti più giovani a un costo di $13.300 per anno di vita guadagnato in donne con 70 di età con 213 mg%ml di colesterolo.

CONCLUSIONI - In pazienti con coronaropatia, la terapia con la simvastatina è valutata efficace sia per gli uomini che le donne all'età ed ai livelli di colesterolemia studiati.
(N Engl J Med 1997;336:332-6.)

Fonti di informazione:
From the Center for Health Economics, Stockholm School of Economics, Stockholm, Sweden (M.J., B.J.); the Section of Cardiology, University of Oslo, Rikshospitalet, Oslo, Norway (J.K.); the Department of Internal Medicine, Faculty of Health Sciences, Linkoping, Sweden (A.G.O.); the Cardiology Section, Medical Department, Aker Hospital, Oslo, Norway (T.R.P.); and the Nordic School of Public Health, Gothenburg, Sweden (H.W.). Address reprint requests to Dr. Johannesson at the Center for Health Economics, Stockholm School of Economics, Box 6501, S-113 83 Stockholm, Sweden



VALUTAZIONE DELLA LEUCEMIA RESIDUA DURANTE LA REMISSIONE DELLA LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA DELL'INFANZIA

William Mark Roberts, Zeev Estrov, Maia V. Ouspenskaia, Dennis A. Johnston, Kenneth L. McClain, Theodore F. Zipf

Abstract

BACKGROUND - La remissione completa di leucemia linfoblastica pre-B acuta (ALL) è stata definita tradizionalmente come la quasi totale mancanza di linfoblasti in un indagine al microscopico ottico su di uno striscio colorato di midollo osseo, ma un paziente in remissione potrebbe ospitare fino a 1010 cellule leucemiche. Abbiamo indagato se c'è una relazione tra l'esito del trattamento e l'evidenza microscopica della malattia residua.

METODI - Abbiamo condotto un studio prospettico su pazienti nel corso di una prima remissione clinica usando un quantitativo di polimerasi-catena-reazione (PCR) che sia capace di scoprire 1 cellula vitale leucemica fra 200.000 cellule mononucleate normali del midollo ed una quantità di colonia di blasti clonogenici. Campioni di midollo osseo da 24 bambini erano periodicamente valutati durante un periodo di cinque anni, ed i risultati sono stati confrontati con il quadro clinico.

RISULTATI - 7 pazienti hanno avuto una ricaduta e 17 sono rimasti in remissione di cui 2 a 35 mesi dopo il completamento della cura. I livelli di DNA residuo nella cellula leucemica nei due gruppi era significativamente differente.

CONCLUSIONI - Segni molecolari di leucemia residua possono persistere fino a 35 mesi dopo la cessazione della chemioterapia in bambini con ALL in remissione. Questo suggerisce che la eliminazione di tutte cellule leucemiche non può essere un requisito indispensabile per guarire.
(N Engl J Med 1997;336:317-23.)

Fonte di informazione:
From the Division of Pediatrics (W.M.R., M.V.O., T.F.Z.), the Department of Bioimmunotherapy, Division of Medicine (Z.E.), and the Department of Biomathematics (D.A.J.), University of Texas M.D. Anderson Cancer Center, Houston; and Texas Children's Cancer Center and Hematology Service, Baylor College of Medicine, Houston (K.L.M.). Address reprint requests to Dr. Zipf at the Division of Pediatrics, University of Texas M.D. Anderson Cancer Center, 1515 Holcombe Blvd., Box 087, Houston, TX 77030.




SCIOCCHEZZA FEDERALE E MARIJUANA

Gli stadi avanzati di molte malattie ed i loro trattamenti sono spesso accompagnati da nausea, vomito, o dolore intrattabile. Migliaia di pazienti affetti da cancro, AIDS, ed altre malattie riferiscono che hanno ottenuto un sorprendente sollievo da questi sintomi terribili fumando la marijuana.
Malgrado la disperazione di questi pazienti, dopo alcune settimane da quando gli elettori in Arizona e California hanno approvato le proposte di legge che permettono ai medici nei loro Stati di prescrivere marijuana per indicazioni mediche, i Funzionari Federali, incluso il Presidente, il segretario della Health e Human Services, e il Procuratore Generale si sono opposti.
In un convegno il Segretario Donna E. Shalala ha emesso un bollettino circa gli organi del corpo che possono essere danneggiato dall'uso della marijuana e ha messo in guardia dai mali che deriverebbero dal diffondersi del suo uso. Il Procuratore Generale Janet Reno ha annunciato che i medici di qualsiasi Stato che hanno prescritto il farmaco potrebbero perdere il diritto di fare ricette, essere esclusi dal rimborso per la prestazione medica e per il farmaco prescritto, ed anche essere processati per un crimine federale.
Barry R. McCaffrey, direttore generale dell'Ufficio Nazionale di Politica di Controllo del Farmaco, ha reiterato la posizione della sua agenzia che la marijuana è un farmaco pericoloso ed ha insinuato che gli elettori in Arizona e California sono stati imbrogliati nella votazione di queste proposte di legge. Ha indicato che sempre è possibile studiare gli effetti di qualsiasi medicina, marijuana inclusa, ma che l'uso di marijuana in pazienti gravemente malati richiederebbe, al minimo, uno studio scientificamente fondato.
Credo che una politica federale che vieta ai medici di prescrivere marijuana per alleviare la sofferenza di pazienti gravemente malati è fuorviante, eccessivo, ed inumano. La marijuana può avere effetti avversi a lungo termine ed il suo uso può presagire gravi dipendenze, ma né l'uno né l'altra situazione rappresentano una rilevante giustificazione in tali pazienti. È anche ipocrita chi impedisce ai medici di prescrivere marijuana mentre gli permette di usare morfina e meperidina per alleviare la dispnea estrema e il dolore. Con entrambi questi farmaci la differenza tra la dose che dà sollievo ai sintomi e la dose che ne accelera morte è molto esigua; al contrario non c'è nessuno rischio di morte fumando la marijuana. Richiedere la evidenza di efficacia terapeutica è ugualmente ipocrita. Quello che realmente conta, per una terapia con questo tipo di margine di sicurezza, è che un paziente malato gravemente senta sollievo come risultato dell'intervento, non che uno esperimento controllato "verifichi" la sua efficacia.
Paradossalmente, il dronabinolo, un farmaco che contiene uno dei principi attivi nella marijuana (tetraidrocan-nabinolo), è stato autorizzato alla prescrizione per più di un decennio. Ma è difficile raggiungere la dose terapeutica di questa medicina, e pertanto non è largamente prescritta. Al contrario il fumo di marijuana causa un aumento rapido nel livello del sangue dei principi attivi ed è così maggiormente terapeutico. E' inutile dire, che nuovi farmaci che neutralizzano la nausea associati con la chemioterapia possono essere migliori nel dar sollievo rispetto al fumo di marijuana, ma la loro efficacia comparata non è stata ancora studiata. Qualsiasi siano le loro ragioni, i Funzionari Federali sono anacronistici rispetto al pubblico. Una dozzina di stati hanno approvato leggi che riducono le limitazioni sulla prescrizione di marijuana da parte dei medici, ed i sondaggi periodici mostrano coerentemente i favori del pubblico all'uso di marijuana per simili propositi. (1) Le Autorità Federali dovrebbero abrogare la proibizione dell'uso farmacologico della marijuana per i pazienti gravemente malati e permettere ai medici di decidere quali pazienti trattare. Il Governo dovrebbe modificare la posizione della marijuana da quello di un farmaco di Lista 1 (e cioè che potenzialmente crea dipendenza e senza uso corrente medico) a quella di un farmaco di Lista 2 (e cioè che potenzialmente crea dipendenza ma con degli accertati usi medici) e che lo regolamenta di conseguenza. Per assicurare la sua distribuzione ed l'uso corretto, il Governo potrebbe dichiararsi come unica Agenzia Autorizzata a fornire la marijuana. Credo che un tale cambiamento di politica non avrebbe nessuno effetto avverso. La controversia che questo comportamento potrebbe essere interpretato dal giovane come un segnale che la "marijuana è OK" è, credo, capzioso. Questa proposta non è nuova. Nel 1986, dopo anni di dispute legali, l'Amministrazione di Controllo degli Stupefacenti (DEA) ha fornito conoscenze esaurienti sul trasferimento della marijuana alla Lista 2. Nel 1988, il Giudice proprio della DEA con un atto amministrativo ha concluso che: "sarebbe irragionevole, arbitrario, e capriccioso per la DEA continuare a frapporsi tra quelli che soffrono e quelli che traggono benefici da questa sostanza alla luce della evidenza di questo documento." (1) Ciò nonostante, la DEA ha annullato l'ordine del Giudice trasferire la marijuana alla Lista 2, ed nel 1992 ha emesso un ultimo rifiuto su tutte le richieste per una riclassificazione. (2)
Alcuni medici avranno il coraggio di opporsi alla continua proibizione di marijuana al malato terminale. Alla fine, le loro azioni obbligheranno i tribunali a giudicare tra il diritto di quelli che stanno per morire ed il potere assoluto dei burocrati le cui decisioni sono basate più su una ideologia riflessiva e su una correttezza politica che sulla compassione.

Jerome P. Kassirer, M.D.






TERMOMETRI AD ORECCHIO SOTTO ACCUSA


NEW YORK (Reuters)--Dubbi circa l'accuratezza del termometro ad orecchio, o "timpanico", sono motivo di un caloroso dibattito all'interno della comunità medica e si discute circa la sicurezza o meno del loro uso quotidiano.
"Noi abbiamo bisogno di smettere di guardare alla temperatura timpanica come un sostituto della temperatura rettale" ha asserito Dott. Robert Yetman, che ha condotto studi confrontando la misurazione di temperature timpaniche con quelle rettale ed ascellare. "In uno studio", secondo un articolo di Notizie Pediatriche, "quasi due terzi di 234 bambini aveva un 0,3 gradi Celsius o una maggiore differenza tra la temperatura timpanica e quella rettale." A differenza dei tradizionali termometri in vetro per la temperatura rettale ed orale, i termometri timpanici funzionano a batteria ed assomigliano a un arma da fuoco incollata. Sono inseriti nell'orecchio, vicino il timpano, misurando la temperatura corporea in alcuni secondi. Per evitare il rischio di rottura che c'era con i termometri tradizionali di vetro, negli ospedali e nelle case si è incrementato l'uso quotidiano di modelli timpanici.
Soltanto un medico associa all'uso del termometro timpanico lo scoppio di una falsa infezione batterica ematica dell’infanzia, o sepsi. "Noi abbiamo avuto un epidemia di neonati con febbre e stavamo lavorando ricercando (testando) per una sepsi," ha spiegato il Dott. Jan Fitzgerald-Soapes; un pediatra di Lawrenceville, in Georgia.
Ha detto che quando le misurazioni alte raccolte da termometri timpanici era ricontrollate usando un termometro rettale, la maggior parte dei bambini a cui prima era stata diagnosticata una febbre erano stati trovati con una temperatura normale.
Yetman non è sorpreso. "Egli dice che il grado significativo di variazione" potrebbe disclassificare molti bambini febbricitanti come normali, e bambini normali come febbricitanti.
Non tutti sono d'accordo. Lauren Key, direttore di produzione per Thermoscan, un produttore di termometro timpanico, dice che le misurazioni dall'orecchio sono molto accurate, in quanto vengono proprio da vicino all'ipotalamo, quella porzione del cervello che è reputata essere il 'termostato' del corpo.
Lei dice che i termometri timpanici possono misurare la febbre nelle sue fasi molto iniziali, "(esso) può farlo raccogliendo la puntata febbrile." E per molta gente era semplicemente "all’uso in modo sbagliato," ha detto Jennifer Trombley, anche un Thermoscan sponsorizzatore. Il modello Thermoscan più vecchio aveva dei bottoni di compensazione, che automaticamente convertivano le misurazioni di temperature timpaniche, non familiari, alle tradizionali rettali o orali.
Molta gente è stata confusa, inducendola a credere che la misurazione timpanica era "errata". Trombley dice che i modelli più nuovi, di uso comune, elimineranno questa confusione emettendo come misurazione finale solo la scala timpanica.
Pero Yetman è convinto che i genitori resteranno fedeli verso i loro vecchi termometri. E crede che ospedali dovrebbero controllare le loro misurazioni timpaniche con quelli da altre fonti.
Fonte: Notizie Pediatriche 




L’ASSUNZIONE DI QUANTITÀ DI CAFFEINA ELEVATA È COLLEGATA AD UN RITARDATO CONCEPIMENTO

WESTPORT,  (Reuters) - I risultati di uno Studio Multicentrico Europeo mostrano che "...elevati livelli di assunzione di caffeina possono ritardare il concepimento fra donne feconde."
Dott. Francisco Bolumar, dell'Università di Alicante in Alicante, Spagna, ed un gruppo Multinazionale ha effettuato un'analisi retrospettiva sui tempi di attesa di gravidanza e l'assunzione di caffeina in più di 3.000 donne feconde provenienti da cinque nazioni europee. I soggetti sono stati stratificati in cinque gruppi secondo l'assunzione giornaliera di caffeina: 0-100 [mg], 101-300 [mg], 301-500 [mg] e più di 500 [mg].
"Questo studio ha rivelato un'associazione tra la caffeina, al grado più alto di assunzione, e la fecondità ridotta in un modello di donne fertili che hanno programmato la loro gravidanza," secondo Dott. Bolumar, riportando lo Studio del Gruppo Europeo sulla Sterilità e Subfecondità. Specificatamente, "...le donne con il grado più alto di assunzione avevano un aumento del tempo che passava fino alla prima gravidanza pari all'11%." E l'effetto era più valido nelle fumatrici rispetto alle non fumatrici, secondo il rapporto dei ricercatori.
Da quando l'assunzione giornaliera di caffeina è stata identificata con le somministrazioni combinate giornaliere di coca cola, caffè e tè, il Dott. Bolumar segnala che ".... non è possibile provare se la conseguenza scoperta è da riferire specificamente al consumo di caffè o all'assunzione complessiva della caffeina." E sebbene l'informazione sui meccanismi alla base dell'associazione tra la caffeina e la gravidanza ritardata è insufficiente, gli autori suggeriscono che "...la riduzione di assunzione di caffeina preverrebbe il pericolo associato di concepimento ritardato, se un tale effetto diretto esistesse".
Segnalano che la relazione può essere inficiata dallo stress, e che uno studio separato dovrebbe essere intrapreso per valutare la relazione tra questo fattore e il concepimento.



CANCRO DELLA PROSTATA: LE DIMENSIONI CORPOREE SONO UN "CAMPANELLO D’ALLARME"?

Le dimensioni corporee possono predire il rischio di sviluppo del carcinoma prostatico e di decesso dalla malattia. E’ quanto rivela una nuova ricerca.
Uno studio di 135mila lavoratori svedesi dimostra che l’aumento di altezza e peso e il rapporto tra corporatura grassa e muscolatura esile sono correlati ad un aumento del rischio di cancro della prostata. Ma il dato più allarmante emerso dalla ricerca è che questi fattori accrescono significativamente il rischio di decesso dalla malattia. La scoperta si basa sull’analisi della documentazione relativa ai lavoratori raccolta da diversi enti, compreso l’archivio del "National Cancer Registry" svedese. Nel corso dello studio, che ha comportato una fase follow-up media di 18 anni, i ricercatori dello "Uppsala University Hospital" hanno registrato un totale di 2368 casi di carcinoma prostatico e 708 decessi. Secondo i responsabili dello studio, i dati relativi alle caratteristiche corporee di tutti i pazienti erano correlati al rischio di carcinoma prostatico e ancor più alla mortalità e all’incidenza.
Specificamente i soggetti obesi correvano un rischio di decesso maggiore del 40 per cento rispetto ai pazienti con caratteristiche corporee nella media. Secondo i ricercatori, i dati emersi dallo studio suggeriscono che le dimensioni corporee potrebbero influenzare i processi carcinogenici della prostata.

 

comune@piazzabrembana.com  | turisti@piazzabrembana.com  |  alimentaristi@piazzabrembana.com  casarasa@piazzabrembana.com  |  regcri@piazzabrembana.com | kcpcas@tin.it

Copyright © 2000 www.piazzabrembana.com All rights reserved.
Reference Code: 5569 G.C. Web Master