CARCINOMA NELL’ETA' SENILE

quest'argomento è divulgato esclusivamente a scopo informativo, vuole essere un servizio utile e di pubblico interesse  

La popolazione anziana è in costante aumento in Italia cosi come negli altri Paesi industrializzati, sia in termini assoluti che relativi. I dati epidemiologici evidenziano che l’incidenza dei tumori maligni cresce con l’aumentare dell'età: il 55% dei tumori maligni si manifesta in soggetti con età superiore ai 65 anni. Il tumore della mammella, si diagnostica in più del 50% dei casi nelle donne con età superiore ai 65 anni e, i dati di mortalità tra anziani e giovani non mostrano grosse differenze se corretti per le patologie associate. Si ritiene più corretto pianificare i trattamenti avendo come riferimento i 70 anni. Dal punto di vista diagnostico la diagnosi e spesso clinica e si osservano più frequentemente neoplasie metastatizzate rispetto alla donna giovane a causa di una certa negligenza da parte della paziente anziana.

In linea di massima ogni nodulo che compare in età senile è sospetto per cancro. La diagnostica per immagini ha le stesse indicazioni della paziente più giovane. L'iter diagnostico non differisce sostanzialmente da quello della giovane.

Il trattamento del cancro della donna anziana deve tener conto non soltanto dello stadio della neoplasia ma anche dello stato generale e delle patologie associate. Il 40% delle donne anziane con carcinoma mammario presenta al momento della diagnosi una patologia concomitante. La stragrande maggioranza delle donne è in grado di tollerare un trattamento definitivo adeguato; la presenza di comorbilità sembra influenzare prevalentemente la prognosi e non i risultati e la tolleranza alla terapia. L’approccio terapeutico è in prima istanza di tipo chirurgico, per le forme tecnicamente operabili come nelle altre fasce di età. Quando non esistono controindicazioni l’anestesia generale e preferibile in quanto consente sia il trattamento del tumore primitivo che la dissezione ascellare. Quando le condizioni della paziente lo controindicano è d’obbligo ricorrere alla anestesia locale con la quale può essere eseguita una tumorectomia, una quadrantectomia e talvolta anche una mastectomia totale. Le indicazioni al trattamento conservativo e demolitivo sono sovrapponibili a quelle delle pazienti più giovani ma devono tener conto della possibilità per la paziente, in caso di terapia conservativa, di poter accedere al trattamento radioterapico adiuvante (pazienti disabili o portatrici di importante comorbilità). In pazienti di età molto avanzata le indicazioni al trattamento radioterapico devono essere valutate caso per caso in funzione del rischio di recidiva locale e dell’aspettativa di vita. La ormonoterapia con antiestrogeni e la terapia adiuvante di scelta nella paziente anziana in quanto riduce il tasso di recidive, di tumori controlaterali e la mortalità.

La sensibilità o gli effetti secondari della chemioterapia sono aumentati nella paziente anziana per una diminuzione della capacita di rigenerazione midollare e per un maggior rischio di infezione in caso di neutropenia. Tutto ciò contribuisce a limitarne l’impiego e comunque richiede una particolare attenzione in quanto e difficile prevedere quale sarà la tolleranza al trattamento. La associazione chemio/ormonoterapia può avere rischi tossici e quindi è da evitare soprattutto in donne con età biologica avanzata

In sintesi nelle pazienti anziane le indicazioni al trattamento chirurgico e radioterapico non differiscono da quelle della paziente più giovane.

PATOLOGIA DELLA MAMMELLA: CLASSIFICAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA

 

La classificazione adottata, così come riportata e suggerita ai patologi ed ai clinici, é corredata dai codici per morfologia, secondo la nomenclatura della "Systematized Nomenclature of Medicine" (SNOMED) realizzata dal College of American Pathologists (II edizione, 1979).

Per quanto riguarda il nuovo obiettivo, si realizza la disponibilità di una nomenclatura generalmente accettata ed universalmente adottata, con la possibilità di utilizzare sistemi di automazione per la raccolta ed elaborazione dei dati nonché per fornire periodici elenchi sull'attività dell’unita operativa, utili anche per studi epidemiologici, quindi paragonabili con dati di altre istituzioni. La classificazione e relativa nomenclatura consigliata si basano sui due assi portanti della codificazione: TOPOGRAFICA e MORFOLOGICA.

Altre categorie della nomenclatura, e codificazione SNOMED (eziologia, funzione, malattie, procedure, professione) non interessano ai fini di questo protocollo.

Per la sezione morfologia sono state previste 10 classi (dalla sezione 0 alla sezione 8e 9). Quest’ultima (8 e 9) corrisponde appunto alle neoplasie, individuate dal 1’ numero di codice. Come si può rilevare dall’elenco completo della patologia mammaria riguardante patologie benigne e maligne e displasie o iperplasie, le sezioni sono poi divise in categorie che hanno due numeri di codice. I termini specifici oncologici si individuano con il quarto numero di codice. Un quinto numero di codice (quinta cifra) varia per ogni sottocategoria e non può quindi essere applicato a tutte. Per esempio nelle neoplasie indica il comportamento biologico della lesione tumorale:

/0 Benigno

/1 Incerto se benigno o maligno. Al limite con la malignità "Borderline"

/2 Carcinoma "in situ". Intraepiteliale. Non infiltrante. Non invasivo.

/3 Maligno, sede primitiva

/6 Maligno, sede metastatica o sede secondaria

/9 Maligno, incerto se la sede é primitiva o metastatica o secondaria.

In questa situazione vi é completa uniformità con la Classificazione dell’ICD-0 (International Classification of Diseases for Oncology Field Trial – Edizione 1987)

Un sesto "digit" opzionale può essere usato per indicare il "grading" istologico e la differenziazione.

1. grado I Bene differenziato Differenziato

2. grado II Moderatamente differenziato Moderatamente bene differenziato

3. grado III Scarsamente differenziato

4. grado IV Indifferenziato. Anaplastico

9. grado o differenziazione non determinata, non stabilita o non applicabile.

 

 

 

CLASSIFICAZIONE TNM QUARTA EDIZIONE. SECONDA REVISIONE 1992

Regole per la classificazione, con le procedure per determinare le categorie TNM Metodi aggiuntivi possono essere usati quando essi aumentano l'accuratezza dello stadio prima del trattamento.

Situazione anatomica.

Definizione dei linfonodi regionali.

Classificazione clinica TNM.

Classificazione patologica pTNM.

Grading (G) patologico. (nucleare ed istologico)

Tumore residuo (R).

Raggruppamento in stadi delle diverse categorie.

Sinossi di T ed N.

Regole di classificazione

La classificazione riguarda solo il carcinoma. In caso di tumori multipli, sincroni, in una mammella si usa il T corrispondente al tumore di dimensioni maggiori.

I tumori sincroni bilaterali della mammella, vengono classificati indipendentemente.

Simboli aggiuntivi

Per l’identificazione di speciali casi delle classificazioni TNM o pTNM, sono usati i simboli y, r, a e m. Anche se non modificano il raggruppamento in stadi, essi indicano casi che necessitano di analisi separate.

Simbolo y. In quei casi in cui la classificazione è effettuata durante o dopo una terapia iniziale multimodale le categorie TNM o pTNM sono identificate dal prefisso "y".

Simbolo r. Tumori recidivi quando stadiati dopo un intervallo libero da malattia sono identificati dal prefisso "r".

Simbolo a. Indica che la classificazione è determinata per la prima volta con l'esame autoptico.

Simbolo m. 11 suffisso "m", fra parentesi, è usato per indicare la presenza di tumori primitivi multipli in una sola sede.

Situazione anatomica

1. Capezzolo (174.0)

2. Regione retroareolare (174.1)

3. Quadrante supero-interno (174.2)

4. Quadrante infero-interno (174.3)

5. Quadrante supero-esterno (174.4)

6. Quadrante infero-esterno (174.5)

7. Prolungamento ascellare (174.6)

Linfonodi regionali

I linfonodi regionali sono:

Ascellari (monolaterali) e interpettorali (linfonodi di Rotter): i linfonodi situati lungo la vena ascellare possono essere divisi nei seguenti livelli:

1) I livello (ascella inferiore): linfonodi laterali al margine laterale del muscolo piccolo pettorale.

2) II livello (ascella media): linfonodi tra il margine laterale e mediale del muscolo piccolo pettorale e linfonodi interpettorali (di Rotter).

3) III livello (apice dell’ascella): linfonodi mediali al margine mediale del muscolo piccolo pettorale, inclusi quelli designati come sottoclaveari o dell’apice.

Nota: i linfonodi intramammari sono classificati come linfonodi ascellari. Mammari interni (Ipsilaterali): linfonodi situati sul margine sternale a livello del primo spazio intercostale, lungo i vasi mammari interni controlaterali.

 

 

 

RACCOMANDAZIONI CONCERNENTI IL CONTENUTO DEL REFERTO ISTOLOGICO PER CARCINOMA MAMMARIO

(Association of Directors of Anatomic and Surgical Pathology).

l

A) DESCRIZIONE MACROSCOPICA

1) Come il campione di tessuto perviene al laboratorio di anatomia patologica: fresco, in fissativo; integro o tagliato; con applicazione di punti di repere

2) Come il campione di tessuto è identificato: nome, cognome, numero, lateralità dx e/o sx, tipo di prelievo e/o di intervento chirurgico

3) Dimensione: il campione di tessuto dovrebbe essere misurato in 3 dimensioni

4) Descrizione macroscopica del tumore

a) Presenza o assenza di nodulo

b) Margini del nodulo (espansivi, infiltranti)

c) Distanza tra nodulo e margini di resezione chirurgica

d) Quadrante dove è localizzato il nodulo, in caso di mastectomia

e) Diametro maggiore del nodulo

f) Consistenza del nodulo (molle, dura).

5) Descrizione di precedenti interventi, se presenti

6) Descrizione del parenchima mammario residuo; di capezzolo e cute se presenti.

7) Numero di linfonodi pervenuti

8) Specificare se sono stati effettuati prelievi di tessuto fresco per determinazioni di tipo biologico (recettori, citometria a flusso, cinetica cellulare, ecc.). Qualora si sia di fronte ad un sospetto di carcinoma in situ (sulla base per esempio del pattern mammografico) è raccomandabile non effettuare prelievi di tessuto fresco poiché è prioritario definire la presenza o meno di invasione

9) Specificare se è stato effettuato l'esame intraoperatorio e la relativa diagnosi

B I) INFORMAZIONI DIAGNOSTICHE-CARCINOMA INVASIVO

1) Tipo istologico, in accordo alla classificazione WHO 1989

2) Grading, secondo il sistema Scarff-Bloom Richardson che valutando i seguenti tre parametri:

       

    1. formazione di tubuli;

       

       

    2. grado di pleomorfismo nucleare;

       

       

    3. attività mitotica; suddivide i tumori in grado I, da 3 a 5 punti; grado II, da 6 a 7 punti; grado III da 8 a 9 punti.

       

3) Margini di resezione: nonostante non vi sia una precisa definizione di margine positivo o negativo si raccomanda di riportare la modalità di studio dei margini (ovvero se le sezioni sono state effettuate parallelamente o perpendicolarmente alla sezione chirurgica), se è presente tumore sul margine, la distanza tra tumore e margine

4) Stato dei linfonodi: specificare il numero dei linfonodi con metastasi ed i1 numero totale di linfonodi esaminati

5) Invasione vascolare peritumorale

6) Dimensione del tumore

7) Presenza di una componente in situ duttale e/o lobulare

8) Presenza di microcalcificazioni nelle sezioni istologiche, soprattutto se presenti all’esame mammografico

9) Patologia associata

10)Qualora non sia possibile valutare uno dei parametri sopra descritti, riportarne il motivo

B2) INFORMAZIONI DIAGNOSTICHE-CARCINOMA IN SITU

1) Tipo istologico, in accordo alla classificazione WHO 1989 (duttale e/o lobulare) Per il carcinoma duttale in situ specificare:

2) Tipo architetturale

3) Grading. specificando il sistema classificativo usato

4) Margini di resezione: vale quanto riportato per le forme invasive

5) Dimensioni del tumore

       

    1. se la lesione è piccola misurare direttamente sul vetrino

       

       

    2. se la lesione è grande, sezionare ad intervalli di 3-4 mm ed includere in sequenza.

       

6) Presenza di microcalcificazioni nelle sezioni istologiche, soprattutto se presenti all’esame mammografico

7) Patologia associata

8) Qualora non sia possibile valutare uno dei parametri sopra descritti, riportarne il motivo

APPENDICE: NOZIONI DI MICRO-ANATOMIA.

Superficie del capezzolo: rivestimento di epidermide con epitelio pavimentoso stratificato che poggia su un derma di connettivo fibroso ialino a fasci intrecciati ricco di apparati pilo-sebacei e ghiandole sudoripare.

Massa del capezzolo: ricca di fibre muscolari lisce e scarso connettivo.

Sbocco dei dotti collettori: ultimo tratto dei dotti collettori con rivestimento di epitelio pavimentoso stratificato.

Dotti collettori e seni lattiferi: con epitelio in doppio strato interno ghiandolare, esterno mioepiteliale. Il lume è occupato da residui cellulari. Al capezzolo affluiscono da 15 a 20 dotti, disposti radialmente che danno luogo ad un numero di sbocchi da 5 a 9. I dotti collettori principali dalla base del capezzolo si dilatano e formano i seni lattiferi.

Dotti segmentari: presentano un ben definito strato di cellule mioepiteliali esterno e un rivestimento interno di cellule cilindriche (ghiandolari). Le cellule mioepiteliali sono provviste di capacita contrattili.

Dotti sub-segmentari: derivano dai dotti segmentari e costituiscono I’unità duttulo-lobulare.

Unita terminale duttulo-lobulare caratterizzata dal duttulo e dal lobulo o acino. L'unità terminale è costituita da una componente cellulare in duplice strato (di cellule cilindriche, lo strato interno, di elementi mioepiteliali, che poggiano su una sottile membrana basale, lo strato esterno). A ridosso della membrana basale si trova un mantello connettivale ricco di cellule.

Tali strutture duttali e acinose che compongono il lobulo e che sono avvolte da cellule del connettivo fibroso, sono immerse in un abbondante tessuto connettivo adiposo, percorso da vasi linfatici e da fasci nervosi.

 

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