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KALI
Quando combattere è una questione di vita o di morte
 

Che cos'è il Kali?
(di Casa Giuseppe)

Il Kali, conosciuto anche come Arnis de mano e Eskrima è un sistema di combattimento completo che prevede tecniche a mani nude e/o con armi bianche o bastoni. E' stato sviluppato nell'arcipelago delle Filippine e le sue prime testimonianze storiche risalgono alla prima metà del 1500.

Quanti stili ci sono di Kali?

Innumerevoli. I più famosi sono il Balintawak Arnis, il Doce Pares, Cabales Serrada Escrima, Sikaran, Arnis Koredas Obra Mano, LaCoste/Inosanto System, Modern Arnis. La lista, comunque, sarebbe lunghissima, in quanto ogni singola isola, paese, comunità filippina aveva sviluppato in passato il proprio stile di combattimento, a volte con differenze minime tra loro, a volte con tecniche completamente diverse. Fondamentalmente è possibile distinguere uno stile da un altro in base al tipo di strategia di parata dei colpi che adottano e dalla preferenza della distanza di combattimento.

 

Che armi usa il Kali?

Il Kali è un sistema di combattimento basato su concetti e movimenti che si possono applicare a qualsiasi arma da taglio e oggetto contundente. Storicamente si sono sviluppate le tecniche con bastoni di rattan e altri tipi di legni flessibili, ma robusti, e con armi bianche tipo machete, per poi raffinarsi all'uso del coltello vero e proprio. A seconda dello stile praticato variano le dimensioni e le tipologie delle armi impigate. Ad esempio, nell'Arnis Koredas Obra Mano si predilige il bastone (a maneggio singolo o doppio) corto, sui 55cm di lunghezza.

 

 

Come viene insegnato il Kali?
 

Il Kali è un'arte marziale che veniva (e viene tutt'ora in certe isole delle Filippine) insegnata all'interno della famiglia. Ogni villaggio filippino aveva almeno una famiglia che aveva un suo stile particolare di combattimento i cui segreti erano gelosamente custoditi.Attualmente l'inserimento delle comunità filippine in occidente a fatto si che certi maestri, per guadagnarsi da vivere, abbiano iniziato ad insegnare anche agli "stranieri". Il metodo d'insegnamento varia da maestro a maestro, ma in generale si tenta di sviluppare al massimo la capacità dell'allievo di imitare, osservando, il maestro. Solo dopo aver acquisito una buona capacità di coordinazione "a vuoto" si passa alle tecniche con il contatto di un partner d'allenamento. Di solito si inzia insegnando l'uso del bastone singolo, poi il maneggio del doppio bastone, quindi le mani nude. E' opinione diffusa che le tecniche di coltello vengano insegnate solo agli allievi più anziani e selezionati, data la loro pericolosità. Ad essere sinceri chi arriva ad un certo livello di destrezza con il bastone singolo è già piuttosto avviato ad essere un eccellente combattente di coltello, in quanto i concetti alla base dei movimenti e le strategie sono pressochè identici. Il Kali è una delle poche arti marziali che fa uso massiccio di esercizi di "sensibilità". Si tratta di esercizi da fare in coppia, con armi e/o senza, che comprendono movimenti ripetitivi e ciclici di attacco/parata/controllo/risposta, da eseguirsi a velocità crescente ed in maniera molto fluida. Eccellenti per la coordinazione psicomotoria, riflessi e forza.


Che influenze ha subito il Kali da altri sistemi di combattimento?


Data la natura "aperta" dell'arcipelago delle Filippine, anche i sistemi di combattimento hanno subito numerose influenze, o meglio, scambi con l'esterno. Sicuramente il Kuntao cinese ha influenzato il Kali dal punto di vista delle tecniche percuotenti e dei relativi bersagli (pugni alle giuntore del braccio, rottura dei tendini delle ginocchia con calci corti e brevi ecc...ecc...). In compenso troviamo molti concetti del Kali anche nell'indonesiano Pentcjak Silat, altra arte marziale che è la naturale evoluzione tecnica del percorso personale del praticante di Kali.

Il Kali è più efficace di un'altra Arte Marziale tradizionale, quale il Karate?

Non ha senso paragonare un sistema di combattimento con un altro, perchè è la persona che la pratica a fare la differenza. Esistono arti marziali più o meno adatte al fisico di una persona, e alcune più specificatamente orientate ad uno scopo (lo sviluppo armonioso della mente/corpo, lo sviluppo della destrezza, lo sviluppo del controllo dell'avversario ecc...ecc...). L'unica cosa che si può dire con una certa riserva, è che a parità di tempo di istruzione un allievo di un sistema di combattimento filippino avrà acquisito una maggiore capacità di destreggiarsi con metodo ad una situaziuone di aggressione urbana rispetto ad un praticante di Karate stile shotokan. Questo perchè il Kali, in generale, inculca immediatamente nella testa del praticante concetti come uscire dalla traiettoria di minaccia, evitare parate che espongono troppo il corpo, e soprattutto impara subito il maneggio "scientifico" di uno strumento quale il bastone (ma potrebbe benissimo essere una rivista arrotolata in caso di emergenza). Dopo un certo periodo di tempo, anni di solito, qualsiasi praticante serio di qualsiasi arte marziale è in grado di difendersi egregiamente da aggressioni. Alla fine tutte le arti marziali fanno convergere chi le pratica ad un unica tipologia di comportamento strategico in fase di combattimento.

Il Kali è più efficace di un'altra Arte Marziale tradizionale, quale il Karate?

Non ha senso paragonare un sistema di combattimento con un altro, perchè è la persona che la pratica a fare la differenza. Esistono arti marziali più o meno adatte al fisico di una persona, e alcune più specificatamente orientate ad uno scopo (lo sviluppo armonioso della mente/corpo, lo sviluppo della destrezza, lo sviluppo del controllo dell'avversario ecc...ecc...). L'unica cosa che si può dire con una certa riserva, è che a parità di tempo di istruzione un allievo di un sistema di combattimento filippino avrà acquisito una maggiore capacità di destreggiarsi con metodo ad una situaziuone di aggressione urbana rispetto ad un praticante di Karate stile shotokan. Questo perchè il Kali, in generale, inculca immediatamente nella testa del praticante concetti come uscire dalla traiettoria di minaccia, evitare parate che espongono troppo il corpo, e soprattutto impara subito il maneggio "scientifico" di uno strumento quale il bastone (ma potrebbe benissimo essere una rivista arrotolata in caso di emergenza). Dopo un certo periodo di tempo, anni di solito, qualsiasi praticante serio di qualsiasi arte marziale è in grado di difendersi egregiamente da aggressioni. Alla fine tutte le arti marziali fanno convergere chi le pratica ad un unica tipologia di comportamento strategico in fase di combattimento.

Chi sono i maggiori rappresentanti del Kali attualmente?

All'estero innumerevoli, in Europa un po meno, in Italia decisamente pochi. Per citare gli Italiani Maurizio Maltese,Roberto Bonomelli,Ivan Mapelli ed altri,ma tutti discendenti dalle scuole di Kali Americane, come il più famoso Guro di Kali esistente nomino Dan Inosanto. Esperto praticamente di qualsiasi stile di Kali esistente è probabilmente il maggior esperto mondiale di quest'arte marziale.


 

Il Kali è adatto ad una donna?

L'uso delle armi permette ad un praticamente relativamente debole, come una donna, di tenere testa ad un avversario decisamente più grosso.

C'è una componente mistica in quest'arte marziale?

Decisamente no. Non più almeno. Data la superstizione regnante nella cultura filippina, il guerriero filippino spesso recitava preghiere in spagnolo/latino per augurarsi una buona sorte prima del combattimento e allo stesso tempo per maledire l'avversario; le cosiddette oraciones. Ma il Kali filippino non si è mai posto l'obbiettivo di aumentare l'energia vitale del praticante (come il cinese Tai Chi Chuan) e ancor meno di allargare la percezione della propria realtà.

Quanto è diffuso in occidente?

Relativamente poco in Europa ed in Italia, nonostante abbiamo maestri del calibro Bonomelli, Maltese e di origine filippina Juan Matagay ed i fratelli Miranda, per citarne alcuni. In America, invece è una cosa diversa. Per definizione l'America è stata crogiuolo di razze e culture e numerose comunità filippine emigrando negli Stati Uniti hanno portato con sè il Kali. Guro Dan Inosanto e Guro Remy Presas per citare due capostipiti storici della diffusione in America dell'Arnis/Kali/Eskrima, la lista dei loro realtivi maestri/istruttori, famosi anche nelle riviste italiane di arti marziali, sono innumerevoli.

Quanto tempo necessita per prendere famigliarità con le tecniche?

Dipende, come da qualsiasi arte marziale. Dipende dal tempo che ci si dedica e dalla serietà di come ci dedica. In generale si può dire che l'Arnis/Kali è un sistema di combattimento relativamente semplice, se paragonato ad altre arti marziali che prevedono l'apprendimento di numerosi kata e tecniche/contro-tecniche. Il Kali è essenzialmente un allenamento mentale, di strategia, di rendere istintivi comportamenti e movimenti tattici abbastanza semplici. Se prendiamo l'esempio di una persona media seguita da un buon istruttore/maestro con una pratica giornaliera si può sperare di avere una buona conoscenza del Koredas Obra Mano in tre anni.

 Armi da taglio lunghe e corte

Le armi da taglio sono elementi di base del Kali, come dice una delle possibili origini del vocabolo ("kali" da kalis o keris, kriss).Ritrovamenti archeologici dimostrano che, prima dell'arrivo dei guerrieri indonesiani e malesi, nell'arcipelago filippino erano già in uso anni di pietra e di ferro. Nonostante gli abitanti delle Filippine probabilmente possedessero una loro tecnica di forgiatura, con l'arrivo dei malesi (circa 600 d.C.) perfezionarono il metodo di questi ultimi. In tutte le isole dell'arcipelago c'è la cultura dell'arma da taglio, ma dobbiamo andare nell'area meridionale, dove vivono le popolazioni di religione musulmana (moros), per trovare spade di varie fogge decisamente più pregiate del comune bolo, cioè il machete usato nei lavori agricoli. Kriss, kampilan e barong, infatti, sono an-ni di chiara origine indonesiana, personalizzate poi dai moros di Mindanao e dell'arcipelago di Sulu. In particolare, ai Dyak del Borneo settentnonale, che usavano decapitare i nemici, è attribuita la paternità del barong e del kampilan, poi diventati armi caratteristiche dei moros. Le lame che prima gli spagnoli e poi gli americani hanno visto sguainare di fronte a loro erano forgiate secondo la tecnica malese, simile a quella utilizzata per la katana giapponese. 1 maestri fabbri (panday) producevano lame di alta qualità con preziose decorazioni di avorio, argento e a volte oro; solo in tempi più recenti sono stati utilizzati materiali di scarto, come il metallo degli elmetti giapponesi o le balestre d'automobile.

Kriss

Il kriss, dalla lama serpentina a doppio taglio, è probabilmente l'arma più diffusa nel Sud, soprattutto tra i guerrieri Tau Confronto tra un kriss del Sud delle Filippine (a sinistra) e un kriss indonesiano. Notare la dimensione della lama del primo, che permette fendenti di grande potenza, mentre il secondo è sostanzialmente un'arma da punta (foto Roberto Bonomelli) sug, Samal e Yakan. Quello filippino a prima vista si differenzia subito da quello tipicamente indonesiano per le dimensioni, che si raddoppiano in larghezza e, a volte, perfino si triplicano in lunghezza. Inoltre, a differenza dei kriss indonesiani, più ornati e impreziositi a scopo decorativo, quelli moros sono sempre stati costruiti per il combattimento.Le origini di quest'arma sono incerte: può essere stata un'arma rituale indù oppure importata dal Medio Oriente insieme alla religione musulmana; la sua forma, forse ideata nel 111 secolo a.C., si ispira alla coda di un pesce, la razza, oppure al mitico serpente o dragone naga.

Kampilan

Il kampilan è una spada pesante la cui lama, a un solo filo, si allarga sino a formare una doppia punta a forma di 'V'; la sua lunghezza è di circa 110 centimetri. Il pomello con cui termina l'impugnatura ricorda le fauci spalancate di un coccodrillo o la coda di un uccello. Spesso, in passato, questa parte terminale era decorata con capelli neri o tinti di rosso.Il kampilan è senz'altro l'arma da taglio filippina dal maggiore potere tagliente.Venìva generalmente usato a due mani e secondo la tradizione doveva poter tagliare un uomo dalla testa all'inguine: tutte le parti del corpo esposte al kampilan erano dunque vulnerabili.Generalmente era portato in un fodero, fatto di due parti di legno, sagomate sulla forma della lama e tenute insieme da due corde, in modo che il combattente potesse con un solo fendente liberare la lama e contemporaneamente colpire l'avversario. Forse l'estremità a forma di 'V', più o meno regolare, che crea una specie di uncino, aveva la funzione di dare il colpo di grazia attraverso una stoccata.

Bolo

Nell'arsenale filippino il bolo è l'unica arma da taglio che nasce come strumento di lavoro, soprattutto agricolo. Si tratta di un lungo coltello piuttosto pesante, una specie di machete, usato per aprire un sentiero nella vegetazione così come per tagliare la canna da zucchero.  Diventato famoso in combattimento durante il conflitto americano-spagnolo, quando i filippini reclutati formarono i cosiddetti "battaglioni bolo", per l'appunto muniti, oltre che di fucile, di quest'arma; tali reparti hanno fatto anche la storia della seconda guerra mondiale nelle Filippine. Proprio per la sua origine agricola, il bolo ha una lama non ben rifinita; la sua foggia distingue vari modelli:

il pinute, vocabolo che deriva dalla parola puti, cioè "candido" (e quindi si riferisce alla luce bianca riflessa dal filo adeguatamente affilato), ha una forma stretta e allungata ed è particolarmente diffuso a Visayan;

-      il matilus si distingue per la sua proprietà di mantenere a lungo il filo del taglio e della punta;

-       il malapad è particolarmente largo;

-      il bolo di Bonifacio è il modello creato da Andrea Bonifacio quando nel 1896 prese l'avvio la rivoluzione del Katipunan contro la Spagna.

 

Altre armi da taglio

I "coltellacci" più usati dai moro sono il golok, diffuso tra i Bagobo di Mindanao, e il klewang, dalla lama dritta che si allarga verso la punta. Un'arma dalla forma particolare, usata nella giungla dai moros di Mindanao così come dagli Igorroti di Luzon, è il panabas. Adoperato principalmente per le esecuzioni e diventato molto popolare durante la seconda guerra mondiale, il panabas ha una lama che si allarga all'estremità curvando verso l'alto.

Padroneggiare le armi da taglio

Non vi è alcuna differenza nell'impugnare un bastone o un'arma da taglio; il praticante di Kali dovrà cambiare semplicemente i bersagli. Alcune tecniche di bastone non potranno però essere trasferite all'arma da taglio, per esempio la tecnica abanico porterebbe a colpire con il piatto invece che con il taglio della lama. Per quanto riguarda i disarmi, funzionano quelli "a strappo", appoggiando il piatto della lama contro il tricipite o l'anca, ma non certo quelli "a serpente", perché la spada si troverebbe con il filo contro l'ascella, e quelli "a vite", perché la lama non può essere afferrata a mani nude senza tagliarsi.L’ importante conoscere bene la propria spada più che il bastone: il raggio d'azione, il bilanciamento (al centro, in punta o verso l'impugnatura), il peso, la sicurezza dell'impugnatura e la reazione della lama contro vari bersagli (da provare solo dopo aver acquisito un'ottima padronanza nel maneggio). Comunque, nelle palestre moderne di Kali ed Escrima anche le tecniche di spada vengono spesso praticate con armi di legno o con la lama di alluminio.

Coltello

Per avere una possibilità di sopravvivere a mani nude a un attacco di coltello si deve essere combattenti di coltello.Questo è uno dei più famosi detti dei maestri filippini per spiegare quanto sia importante comprendere la pericolosità di un confronto con l'arma da taglio. Il coltello, quanto a livello di raffinatezza ed efficacia raggiunto nella pratica, viene subito dopo il bastone. Per il praticante di Kali rappresenta al tempo stesso versamento di sangue e salvaguardia della vita.L'arte del combattimento con il coltello, conosciuta come Baraway o Dungabay, proprio per la pericolosità dell'arma viene tradizionalmente insegnata solo agli studenti più avanzati e fidati.In realtà è importante che anche i principianti, per capire la difesa a mani nude da attacco di coltello, ne apprendano almeno i fondamentali.

Caratteristiche

L'arma corta da taglio filippina, detta genericamente baraw o daga, può essere di molte fogge e modelli. La distinzione fondamentale è tra coltello, a un solo taglio, e pugnale, a doppio taglio. Mentre molte tecniche di disarrno fanno pensare che l'arma più comunemente adoperata fosse a un solo filo, poiché prevedono la leva o l'appoggio sul piatto ma anche sul dorso del coltello, in alcuni metodi, come Espada y daga, l'arma utilizzata era un pugnale, in grado di tagliare con movimento discendente e ascendente senza rendere necessaria la rotazione del polso.
Probabilmente il più popolare coltello delle isole resta il balisong, il "coltello farfalla" (butterfly knife, detto anche veintinueve, poiché secondo la tradizione sarebbero stati tanti gli avversari affrontati e sconfitti da un maestro in occasione di un leggendario combattimento). Il primo esemplare di quest'arma è del 1905, costruito da Perfecto de Leon, della regione di Batangas. Il butterfly knife originario di questa zona è composto da due manici imperniati sulla lama e in grado di ruotare e produrre un caratteristico "click-click". Ma la meccanica del balisong non è solo per scopi "scenici": facile da trasportare, questo coltello può essere usato chiuso o aperto (tenendolo per uno dei manici, utilizzando l'altro per colpire) come un bastone da palmo (nunchaku), senza quindi ricorrere alla lama. Indipendentemente dalla linea o dai materiali impiegati, la cronaca attribuisce al coltello la caratteristica dì strumento da delinquente, ma per qualsiasi combattente di Kali quest'arma rappresenta la vita e la morte.

 

Difesa da attacco di coltello

 

Scappare di fronte a un aggressore armato di coltello non significa essere codardi, ma comprendere la realtà della situazione. La polizia americana ha eseguito alcuni test con esperti di Kali, tra i quali il maestro Inosanto, dimostrando come a distanza ravvicinata, con un qualsiasi oggetto tagliente impugnato "a rompighiaccio", si sia in grado di colpire ripetutamente fino a otto volte in poco più di un secondo: se l'aggressore comincia a correre, fino a 7 metri di distanza risulta vano tentare di estrarre un'arma da fuoco...
Nonostante sia fortunatamente poco probabile imbattersi in un combattente di coltello, il consiglio appena dato resta valido.Se non è possibile allontanarsi dal luogo dell'aggressione, il praticante di Kali cercherà di impossessarsi di un qualsiasi oggetto presente nell'ambiente, da impiegarsi come arma: una sedia, una bottiglia, una giacca, una rivista arrotolata, un asciugamano... Alcuni agenti di polizia americani nascondono dietro l'avambraccio una torcia o un piccolo bastone, da usare per arrestare o deflettere momentaneamente l'attacco di coltello e creare la situazione per estrarre la pistola con l'altra mano. Tuttavia, se non è possibile affrontare alla pari l'aggressore, il praticante di arti marziali filippine si muoverà immaginando di avere in mano un coltello, conoscendo i bersagli più pericolosi, le traiettorie e gli angoli d'attacco. Dovrà immaginare di trovarsi di fronte a un aggressore che con il coltello intende colpirlo e non semplicemente minacciarlo per ottenere qualcosa: un portafogli o un orologio non valgono mai una vita! Sarà dunque costretto a difendersi. Nell'affrontare un avversario armato non ci sono grandi margini d'errore e i fattori che intervengono sono molti, anche indipendenti dalla nostra abilità

- Primo, la tipologia dell'aggressore: per esempio, chi brandisce l'arma per creare soggezione (per esempio i tossicodipendenti o i borseggiatori), se giunge a colpire, generalmente lo fa in modo accidentale, mentre chi mostra il coltello solo dopo aver inflitto il primo taglio è un professionista. Infatti, il delinquente che sa come battersi con un coltello tende a nascondere l'arma fino al momento di usarla.
- Secondo, non bisogna pensare di poter parare l'attacco di coltello, come si insegna in alcune difese a mani nude, e poi colpire o afferrare l'aggressore: ciò è irrealistico. Invece i principi difensivi del metodo Inosanto - LaCoste possono essere trasferiti, con alcuni accorgimenti, dal coltello alle mani nude. Ovviamente non sarà possibile tagliare ma, mentre una mano controllerà il braccio armato, l'altra interverrà colpendo il volto con la punta delle dita o con il palmo oppure con il gomito. Nel Kali controllare il braccio armato, e dunque il coltello, vuol dire prima bloccarlo sulla sua traiettoria, contrattaccando simultaneamente, o defletterlo indirizzandolo contro l'avversario. Le tecniche di disarmo rispettano gli stessi principi anche se bisogna sottolineare che non sempre sono possibili. Per esempio, se l'aggressore ci attacca con un coltello tascabile o una siringa, la possibilità di tagliare o pungere la porzione di braccio impiegata nel disarmo è molto alta. Quindi, sarà meglio restituire l'arma contro l'avversario, bloccando a due mani il polso e la base del pollice della mano armata: sentendosi colpito, l'aggressore aprirà la mano.

1 principi difensivi fondamentali

 

Ci sono diversi modi per affrontare un attacco di coltello. Nel Kali si apprende come schivare e uscire dalla traiettoria del coltello, come colpire il braccio armato usando il concetto di larga mano o arrestare l'attacco con il principio "parata, controllo e colpo definitivo", di cui abbiamo già parlato a proposito del bastone: la parata è un taglio sul braccio armato, il controllo avviene sullo stesso arto con la mano sinistra e il colpo risolutivo può essere portato di taglio o punta, se la situazione lo richiede, ai bersagli vitali. Nell'uso del coltello vi è dunque anche il principio della "mano debole" che controlla il braccio armato, "sente" le reazioni dell'avversario, afferra la base del pollice per disarmare, mette in leva il gomito e così via. Durante il combattimento viene mantenuta di fronte al petto, lontana dalle traiettorie dell'avversario, ma pronta a bloccare una stoccata al corpo o a proteggere un lato o l'altro del collo.

Spada e daga

Espada y daga non è per giocare, ma è per vincere e sopravvivere e surclassare. Questa frase di Dan Inosanto ci introduce a uno degli aspetti più difficili del Kali: il combattimento con spada e daga. "Espada y daga" significa "spada e coltello", oppure "bastone e coltello" in certi casi, ma genericamente si riferisce al combattimento con due armi, una lunga e una corta.Nelle Filippine, se l'avversario è a mani nude noi abbiamo un coltello, se ha un coltello noi un bastone e un coltello, se ha un bastone e un coltello noi una spada e un coltello, e così via fino alle anni da fuoco... questa filosofia del confronto si distingue dalle altre arti marziali tradizionali e pone l'accento sul forte senso di sopravvivenza che permea l'arte del Kali. Uidea di avere due armi, e magari una di scorta nascosta addosso, fa parte della cultura marziale dei locali. Un origine storica della Espada y daga attinge chiaramente alla scherma spagnola del XVI secolo, che i filippini adattarono tecnicamente modificando anche le armi impiegate. Abbiamo indubbiamente anche l'influenza della scherma italiana, poiché gli spagnoli avevano assoldato anche mercenari italiani. Questo si può ancora vedere nello stile italiano, che consiste in un esercizio in cui si colpisce continuamente di punta, come pure nella precisa pugnalada, laddove con la spada e la daga si esegue un esercizio di sensibilità a corta distanza. Nel Kali così come è inteso oggi, Espada y daga è un settore che comprende la combinazione di molte armi lunghe e corte, anche scudo e bolo, scudo e kriss, coltello e scudo. Se ci troviamo con una torcia in una mano e un ombrello nell'altra ecco le nostre spada e daga. Riconosciuto come uno dei più difficili metodi armati, Espada y daga combina i concetti di combattimento con il bastone con quelli con il coltello. Facendo riferimento alle distanze del combattimento, quella del bastone comincia quando i due combattenti possono colpirsi rispettivamente le mani o le braccia, mentre quella del coltello è decisamente più corta e consente di colpire gli arti dell'avversario anche con una lama piccola. Nella spada e daga c'è una distanza speciale chiamata "colpisci e taglia", dove il praticante di Kali è in grado di usare il coltello ma non è troppo vicino da escludere i colpi di bastone. Il metodi di allenamento e le progressioni fondamentali restano le stesse anche in questo caso: abecedario, sumbrada, combinazioni di colpi con bastone e coltello, angoli fondamentali d'attacco. Ci sono poi tecniche speciali di intrappolamento delle braccia armate dell'avversario, dette kunci, ideate per l'uso di bastone e coltello invece di spada e daga. Questo aspetto singolare del Kali è senz'altro uno dei più difficili, ma fornisce al praticante qualità come la velocità, il tempismo, la flessibilità nel passare da una distanza all'altra. Il metodo spada e daga viene insegnato inizialmente con bastoni in rattan: uno lungo per simulare la spada e uno corto per la daga o coltello. Successivamente vengono introdotte armi da allenamento (training blades) in alluminio o ferro, che nella forma ricordano la spada o il bolo filippino, combinati ai diversi tipi di coltello esistenti, e ovviamente privi di punta e filo. Prima di poter provare con armi vere, i praticanti di Kali devono raggiungere una buona maestria con quelle da allenamento: coordinazione, tempismo, senso della distanza, lavoro di spostamento, corretta postura delle lame e precisione negli attacchi. L’arma corta viene utilizzata in molte situazioni: per colpire a corta distanza, intrappolare le braccia dell'avversario, per disarmare, per parare da sola o in aiuto di quella lunga. Per esempio, tutte le tecniche di intrappolamento o disarmo, eseguibili a mani nude, nel caso di combattimento armato comportano simultaneamente anche il taglio sul pollice o sul polso dell'avversario, che così sarà incapace di impugnare qualsiasi arma. Quando un praticante di Kali è armato con un'arma lunga e una corta è facile che l'avversario sottovaluti la pericolosità della seconda per porre tutta l'attenzione sull'ostacolare la prima: questo errore momentaneo avrà però un caro prezzo, visto che la daga può essere utilizzata come arma "nascosta per raggiungere bersagli vitali.
7. Colpite il polso con la spada, mentre con la daga portate al corpo un'azione combinata di taglio e punta. Da questa posizione è possibile eseguire diverse combinazioni di colpi con la spada e la daga Allenarsi con i bastoni può dare una certa dimestichezza prima di passare alle lame, il cui maneggio comporta anche un fattore psicologico: avvertiamo che un errore significa qualcosa di più pericoloso di un livido o un'escoriazione. Esercitandosi, i praticanti imparano ad avere rispetto per le armi da taglio, atteggiamento per difendersene anche a mani nude. Saper fare una cosa è altrettanto importante di sapere quale è la cosa migliore da fare e qual è il modo migliore per evitarla. Ecco che allenarsi ad affrontare un avversario con spada e daga sviluppa una difesa molto efficace. La fluidità dei movimenti, che abbiamo già evidenziato, assume particolare rilievo con le armi da taglio e ancora maggiore importanza se si affronta un avversario con due armi, in questo caso spada e daga. Sia nella pratica sia nelle dimostrazioni, i praticanti di Kali si concentrano sulla precisione dei movimenti armati. Praticando Espada y daga ci si abitua a tener conto della punta e del filo delle lame dell'avversario. Per esempio, esercitandosi a prendere in considerazione il coltello dopo aver parato il bastone, risulta relativamente semplice controllare il cross destro dell'avversario che ha appena sferrato un jab. Uno dei più importanti e avanzati metodi d'allenamento della spada e daga è il numerado: l'allenatore, girando in cerchio, può attaccare con qualsiasi combinazione; a sua volta, l'allievo, difendendosi dagli attacchi, apprende il giusto "posizionamento" del corpo e il lavoro di gambe negli spostamenti. In tal modo, il numerado insegna anche a difendersi contro attacchi multipli.

Difesa Personale, Punti Vitali e le armi

Il Kali è stato scelto da molti reparti speciali, militari e della polizia, come uno dei sistemi più efficienti nel campo della difesa personale. L'ecletticità di questa disciplina, la sua versatilità, la capacità di adattarsi a qualsiasi situazione, di utilizzare qualsiasi arma propria o impropria e di usare le stesse parti del corpo come se fossero armi, ha reso tale sistema dì combattimento uno dei pìù apprezzati metodi per l'autodifesa nel mondo. Alcuni preziosi filmati che riprendevano risse, aggressioni, pestaggi, all'interno di bar, discoteche o scontri in strada, hanno dimostrato quanto poco realistiche siano alcune tecniche scolasticamente apprese in alcuni corsi di difesa personale. Da queste riprese emergeva chiaramente che tutte le persone coinvolte in risse se non erano già armate si preoccupavano di attrezzarsi con qualsiasi oggetto a portata di mano per trasformarlo in un corpo contundente. Coltelli, bastoni, catene, bottiglie, piatti, boccali da birra, cacciaviti, chiavi inglesi, sassi e chi più ne ha più ne metta, costituivano l'arsenale di questi inconsapevoli attori. Un'altra importante considerazione si poteva fare alla luce di questi documentari: la distanza del combattimento veniva continuamente cambiata arrivando inesorabilmente al corpo a corpo e addirittura alla lotta a terra. Calci alti, tecniche complesse molto belle in uno spazio libero come la palestra venivano fortemente penalizzate in ambiti ristretti da tavolini, sedie, banconi, corridoi, pavimento scivoloso, vetri per terra, scale o, se lo scontro avveniva per strada, da marciapiede, automobili ferme, in movimento, folla, ecc.. In altre parole se nel proprio allenamento non si è tenuto conto dell'ambiente non solo si perdono delle occasioni per usare questo a proprio vantaggio ma addirittura si può creare una situazione sfavorevole che limiterà qualsiasi azione difensiva. La circostanza che si delinea in una aggressione o in una rissa è spesso caotica e incontrollata, colui che è abituato nei suoi allenamenti a passare dall'ordine al caos può mantenere una compostezza di reazione in una situazione caotica. Il Kali sperimentato nei meandri ristretti della giungla ben si adatta alla giungla metropolitana in cui viviamo. Da quanto detto sopra si vede l'importanza dell'ecletticità della nostra disciplina, l'uso di qualsiasi arma o oggetto, uso di colpi di pugno e calcio, leve, lotta portano ad acquisire una buona abilità, in tutte le aree del combattimento. Noi possiamo sinteticamente dire che esistono 5 argomenti da tenere in considerazione: armi, calci (sikaran), pugni (panantukan), intrappolamento o legatura degli arti (hubud), corpo a corpo e lotta a terra (dumog). Se questi settori sono presi tutti in considerazione durante il proprio studio, si potrà più facilmente portare lo scontro su un'area in cui l'aggressore è meno ferrato. Questo è uno dei principi cui tenere conto quando si affronta uno scontro per strada. Sebbene tutto ciò che è presente in questo libro serve per l'autodifesa o per la difesa dei propri cari, in questo capitolo daremo dei suggerimenti e degli allenamenti specifici per la difesa personale ed illustreremo alcune tecniche di difesa in diversi ambienti. Parleremo inizialmente di come è possibile sviluppare degli attributi necessari a far fronte ad alcune situazioni di pericolo, senza i quali anche la più bella tecnica di autodifesa potrebbe risultare vana.

 




 

 
Violenza Assoluta

Pensi di conoscere il sistema più efficace di combattimento ?
Forse sarebbe il caso di informarsi meglio.


       
VALE TUDO ZONE


Bruce Lee Zone
" The Dragon "
 così veniva chiamato   il più autorevole esperto di Arti Marziali da Combatttimento; da tutti i più autorevoli esperti al mondo...

 


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