Il Congresso: "Usiamo la forza"
Bush richiama i riservisti

Stanziati 40 mila miliardi di dollari per la ricostruzione
Francia e Russia, primi dubbi sull'azione di rappresaglia

WASHINGTON - Il presidente George W. Bush ha deciso di richiamare 35 mila riservisti. Andranno a ingrossare le fila dell'esercito di uomini impegnato a riportare alla normalità a New York e Washington dopo gli attentati contro le Torri gemelle e il Pentagono. Avranno sia compiti di protezione civile - aiuteranno i volontari a scavare tra le macerie degli edifici crollati - che di garanti della sicurezza di trasporti e aeroporti.

Sono uomini della Guardia nazionale che Bush ha deciso di richiamare su richiesta del segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, durante una riunione del Consiglio dei ministri alla Casa Bianca questa mattina.

Rumsfeld ha spiegato che il richiamo dei riservisti non rientra nella mobilitazione dell'apparato militare contro l'attacco terroristico. In altre parole, questi 35 mila uomini non saranno impiegati in caso di azioni di ritorsione contro i responsabili dell'attacco agli Stati Uniti. Azioni di ritorsione che, comunque, sembrano nei voti della maggioranza degli americani. Un sondaggio commissionato dalla Cnn e dal settimanale "Time" dice che il 65 per cento degli intervistati ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero dichiarare guerra, anche se il 61 per cento, non è sicuro su chi dovrebbe essere il nemico.

Quello che il segretario alla Difesa chiederà ai riservisti è una collaborazione alle pattuglie aeree su New York e Washington. I piloti riservisti della Guardia nazionale sono necessari per guidare gli aerei che sono in stato d'allerta in 26 basi in tutto il Paese per potere intercettare e proteggere entro 15 minuti dall'allarme voli commerciali nei cieli americani.

Il segretario alla Difesa ha infatti precisato che aerei da combattimento proteggeranno, d'ora in poi, i corridoi aerei su New York e Washington. Quello di oggi è il richiamo di riservisti più ampio dalla Guerra del Golfo, quando l'allora presidente George Bush senior ne richiamò 265.322.

Mentre il Consiglio dei ministri era riunito, i leader del Congresso, che s'appresta ad approvare in modo definitivo un fondo straordinario di 40 miliardi di dollari, oltre 80 mila miliardi di lire - due terzi del costo totale della Guerra del Golfo - per la ricostruzione, si sono accordati per autorizzare il presidente a utilizzare "tutta la forza necessaria e appropriata" in risposta all'attacco terrorista.

Ma la questione continua a essere proprio questa: utilizzare la forza ma contro chi? Il presidente Bush pressato dai giornalisti sulle ipotesi di mandanti della strage ha detto: "Abbiamo un sospetto. Sappiamo di avere un sospetto". Chiaro è parso a tutti il riferimento a Osama Bin Laden. Più tardi, però, il portavoce presidenziale Ari Fleischer ha ammonito i giornalisti di non trarre conclusioni avventate: "Non ne deducete che ce ne sia solo uno di sospetti. Quando il presidente parlava così, diceva in senso generale".

Il problema dell'obiettivo di un eventuale uso della forza assilla anche i partner europei. Il segretario generale della Nato George Robertson ha detto oggi da Skopje in Macedonia: "Gli Stati Uniti non hanno ancora stabilito se l'attacco sia arrivato dall'interno o dall'esterno, e non hanno ancora deciso in che modo reagiranno".

Un'impasse sottolineata anche da Paesi come la Francia, che nonostante le dichiarazioni del presidente della Repubblica Chirac, non è del tutto convinta nel seguire gli Usa. Esponenti della sinistra al governo hanno fatto notare il distinguo tra "solidarietà profonda" all'America "all'allineamento politico" che rischia di compromettere "il proprio libero apprezzamento e sovranità".

Anche la Russia ha manifestato dubbi: Putin è pronto a collaborare a un'eventuale rappresaglia militare americana contro le basi di Osama bin Laden in Afghanistan, a condizione che si tratti di un'operazione limitata e che non contempli la presenza di truppe Usa o Nato nei paesi dell'Asia Centrale.

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