I Genitori- I Giovani e la Droga.
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Data la scarsità di consultori medico-psico-pedagogici inseriti nelle istituzioni scolastiche ed universitarie e in quelle di quartiere, difettiamo di informazioni esaurienti attorno alla diffusione della droga tra gli adolescenti. Ciò che può essere detto di indicativo su questo argomento, lo si deduce da alcune osservazioni cliniche (illuminanti, ma poco significative dal punto di vista statistico), oppure da alcune estese indagini psico-sociali sulla condizione dell'adolescente nell'attuale momento di sviluppo della società italiana.

È certo, ad esempio, che assistiamo ad un acceleramento delle fasi dello sviluppo fisico dei nostri ragazzi: lo stato puberale segue, oggi, di poco il periodo della fanciullezza: l'età che Freud aveva definito della latenza, ovvero della calma degli istinti (dal ó° al1'11° anno con un certo anticipo per le ragazze rispetto i coetanei maschi) sembra subire un notevole accorciamento temporale.

Ne deriva che i nostri ragazzi conoscono il morso dell'ansietà, tipico della condizione di conflitto dell'età puberale, alquanto in anticipo rispetto alle generazioni precedenti e soprattutto prima che si sia realizzata una parallela maturazione cognitiva. Né, corrispondentemente, è accresciuto un razionale sostegno all'aumentata ansietà dell'adolescente. Nei gruppi religiosi, nelle istituzioni educative, nella società nel suo insieme, è difficile sottrarsi alla impressione che, per quanto riguarda i modelli e le norme di comportamento personale, sessuale e sociale, esista una notevole confusione di idee.

La ricerca della propria identità (il senso di « valere » per se e per gli altri) che è il compito dell'età adolescenziale, non è mai stata facile, ma di certo in una società il cui rapido sviluppo tecnologico (deteriorando i modelli di comportamento della generazione appena precedente) crea un notevole divario fra cultura adulta e cultura giovanile, diventa ancor più difficile.

Tale divario appare a volte talmente vasto, da non essere configurabile nei termini del tradizionale rapporto tra generazioni (in cui era scontato il presupposto di una progressiva integrazione dei giovani nella continuità delle istituzioni e del costume). Ne risulta che la conquista della propria identità può diventare per l'adolescente una operazione svolta o in solitudine o coi coetanei, senza fruire di uno scambio fecondo con la esperienza dell'adulto. Se poi si aggiunge che al presente l'adolescente avverte che le sue scelte sono limitate dall'assetto tecnicizzato della nostra società che indirizza verso soluzioni precostituite e non differenziate, apparirà chiaro come delle personalità in formazione, le quali nel passato non abbiano avuto buone occasioni per acquisire una sufficiente autostima, presentino serie difficoltà nel momento in cui devono definirsi di fronte a se stesse ed agli altri.

La proposta di iniziazione alla droga, in questa delicata fase dell'età evolutiva, può avere, quindi, numerosi consensi. Le giustificazioni riferite dai giovani iniziati hanno solitamente come schema di riferimento la necessità di uniformarsi ad una certa norma di gruppo; nell'uniformarsi al gruppo, l'adolescente trova riparo dall'ansia devastatrice, propria di chi si sente privo di identità (usufruire di una identità sociale, in attesa di quella personale, dà sollievo: e rassicurante stare insieme, senza sapere quello che si è, in attesa di sentirsi qualcuno). Imitazione, timore di non mostrarsi all'altezza, ricerca di una estensione del campo di coscienza tentativo di superare inibizioni nei rapporti interpersonali, desiderio del nuovo, curiosità, sono razionalizzazioni o facili alibi, atti a mascherare una sottostante condizione di insicurezza ed una propensione alla dipendenza, derivante da un basso livello di autostima.

Il ricorso alla droga è, infatti, quasi sempre un tentativo di dimenticare o negare le proprie difficoltà ad affrontare una realtà troppo dolorosa e pesante, una fuga verso un sollievo che consenta di vivere esperienze illusorie; queste allontanano, almeno momentaneamente, la depressione del sentirsi « tagliato fuori » da un qualsiasi significativo progetto di vita. La dinamica psichica che sottende all'iniziazione all'uso della droga, non è dunque generalmente dissimile da quei casi di insuccesso scolastico pervasi da una sottile attrazione al « lasciarsi andare », o da quelli di antisocialità minorile determinati da una disperata aggressività reattiva, o da quegli esempi di fuga dal nucleo familiare con motivazioni prive di connotazioni che riflettano valide e realistiche alternative.

Così come queste realtà esistenziali, anche quelle dei giovani iniziati all'uso della droga mostrano aspetti diversi rapportabili al contesto socio-culturale ed economico in cui sono cresciuti. Per gli adolescenti di estrazione alto borghese il più delle volte prevale la motivazione a restare alla pari col mondo che li circonda o il desiderio di ignorare le contraddizioni della propria condizione; di converso, per alcuni giovani operai o per i sottoproletari delle periferie delle grandi città può prevalere la motivazione ad evadere illusoriamente dallo squallore e dall'isolamento dei quartieri-ghetto in cui sono confinati.

È chiaro, quindi, che possiamo aspettarci ben poco dalle campagne a base di prediche moralizzatrici (i soliti richiami al « dover essere ») o peggio ancora dalle pene detentive inflitte all'adolescente « drogato »: un intervento serio, per prevenire il grosso pericolo della diffusione della droga, è appunto quello più volte proposto ai fini della prevenzione dell'insuccesso scolastico o professionale, della delinquenza minorile, del disadattamento giovanile in genere. Esso chiama in causa la necessità, da parte degli adulti, della attenzione e della solidarietà verso i giovani, sia nella famiglia che nella scuola e nelle istituzioni, rinunciando al primato del collaudato o del precostituito, per lasciare maggior spazio alla immaginazione ed alla creatività.

Seguire una via di questo tipo, vuoi dire, soprattutto nella scuola, informare in modo radicalmente nuovo. Ad esempio, I'informazione non può e non deve essere concentrata sul tema « droga », ma deve comprenderlo e, in qualche misura, superarlo.

Occorre escludere ogni informazione sensazionalistica sul tipo di quella generalmente diffusa dalla grande stampa che dà rilievo all'argomento « droga » solo in casi particolarmente drammatici, facendo sì che essi diventino paradigmatici del fenomeno generale.

Deve essere altresì esclusa ogni presentazione del problema che includa in modo indifferenziato nella categoria « drogati » sia l'occasionale sperimentatore di qualche sigaretta alla marijuana sia il consumatore di oppiacei.

Confondere, come spesso avviene, in una comune stigmatizzazione realtà così diverse, è particolarmente grave in quanto può far credere all'adolescente che abbia sperimentato della marijuana, di essere ormai diventato un « drogato » preparandogli in tal modo la « carriera » all'uso delle droghe pesanti.

Informare vuoi dire dunque distinguere, chiarire. Non esiste una sola droga dagli effetti misteriosi ed esaltanti ma esistono precise sostanze i cui effetti possono variare a seconda di chi le consuma, della sua condizione psichica e dell'ambiente culturale in cui vive; pertanto gli interventi di informazione e di prevenzione nella scuola, nel quartiere, non possono essere programmati in modo rigido ma devono essere adattati alle diverse situazioni ed alle diverse esigenze. Perché ciò sia possibile, è necessario che i principali destinatari dell'informazione stessa, i giovani, non siano astrattamente informati, ma che si apra un processo di educazione e di maturazione. Se infatti l'uso delle droghe pone le sue radici in una realtà psicologica tipicamente giovanile, ricca, come abbiamo visto, di spinte regressive e difensive, ma al tempo stesso caratterizzata da forti esigenze di socializzazione, è chiaro che la proposta alternativa può essere offerta solo dal contatto e dalla libera discussione, da una progressiva ed autonoma acquisizione di nuovi valori.

Non c'è dubbio che, nel perseguire questo fine, occorre tener conto che la grande diffusione delle sostanze psicotrope negli Stati Uniti ed in Europa è avvenuta in stretto parallelismo con la diffusione di una sottocultura della droga che è giunta anche da noi, seppure con grande ritardo. I contenuti di questa sottocultura sono in genere discutibili e limitati; riflettono però esigenze reali, di bisogni di libertà, di vita in comune, di anticonformismo, largamente diffuse tra le masse giovanili. L'unico modo per combattere le sottoculture, è ripercorrerne la storia, mostrarne le matrici analizzare i meccanismi e ciò può essere fatto solo in collaborazione con le organizzazioni giovanili: solo con il loro aiuto si potranno infatti adottare di continuo i vari interventi di prevenzione ai livelli di sviluppo socio-culturale dei numerosi (e sempre diversi) gruppi sociali, misurando il differente grado di « rischio » al quale sono esposti.

Tutto questo vuoi dire, in sostanza, prendere sul serio gli adolescenti: il che non significa declinare le proprie responsabilità e lasciarli a se stessi, ma assumere responsabilità autentiche ben più pesanti, le quali implichino l'abbandono della propria sicurezza di adulti per mettere in discussione, nell'incontro con le proposte e le provocazioni che vengono dagli adolescenti stessi, quello che si fa e quello che si è.

 


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