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Ju - Jitsu

Il Ju Jutsu in Giappone

Il combattimento senz’armi è presente fin dalla prima antichità nelle cronache del Giappone. Leggendo fra le righe del KO JI KI, l’opera più antica della letteratura giapponese, che narra la storia leggendaria della creazione delle isole dell’arcipelago, della Dea del Sole e della razza Yamato che lo conquistò, si possono intendere degli accenni a combattimenti a mani nude.

Le prime cronache parlano di veri e propri tornei in cui erano usate tecniche di lotta come altre di colpo, con mani, piedi e testa. Era il SUMAI, l’antica forma del SUMO, che poi perse le tecniche di percussione in ossequio al Buddismo che evitava il versare sangue e allo Shintoismo che riteneva il sangue impuro e dissacratore. Questa forma generalizzata, impiegata anche a corte nei tempi più antichi, poi ritualizzata, rappresentava un generale patrimonio nazionale. Tra le gesta del primo eroe giapponese, Yamato Takeru, è ben possibile distinguere delle azioni che ricordano il Kansetsu Waza, il gruppo delle tecniche di dislocazione ossea.

Guardando le stampe di antiche battaglie, tra i combattenti che si affrontano usando varie armi, possiamo vedere, qua e là, delle coppie alle prese con un furioso corpo a corpo. Infatti l’educazione del combattente doveva necessariamente prevedere al suo interno, dal rango di combattimento più lungo, come quello con l’arco, a quello più corto, avvinti in un furioso abbraccio con l’avversario. Le tecniche di lotta disarmata comprendevano sia i colpi sferrati usando per questo le parti più adatte del corpo, radunati sotto il nome di ATEMI JUTSU, sia le prese adatte a buttare a terra l’ avversario, immobilizzarlo, strangolarlo o infrangergli degli arti. L’Atemi Jutsu, vale a dire i calci, i pugni, le gomitate o gli altri tipi di percussione possibili da fare usando il proprio umano corpo, in Giappone non si sviluppò in modo analogo a come avvenne in Cina. Questo perché i combattimenti, fino all’ unificazione avvenuta con lo Shogunato Tokugawa nel XVII° secolo, avvenivano in condizioni di guerra o combattimento dichiarato, esclusivamente con l’ armatura, inattaccabile agli assalti disarmati, per cui la disciplina, più che in attacchi multipli o generalizzati all’ intero corpo, si specializzò in singoli e specifici attacchi alle parti più vulnerabili lasciate scoperte dalla armatura stessa. Per di più il colpo veniva usato in una combinazione che vedeva unite in successione prese, colpi e tecniche di lotta.

Le tecniche di lotta, invece, si svilupparono in un ampio sistema, con grandi varietà di impiego tattico, prevedendo prese che sfruttavano l’architettura delle armature tradizionali, adattandosi a tutte le possibili situazioni. Basti pensare che le tecniche di proiezione con caduta, le cosiddette "tecniche di sacrificio" o Sutemi, nacquero nel combattimento tra cavalieri montati.

In ogni modo questo "nocciolo" di combattimento disarmato era sempre indissolutamente legato alle tecniche di armi, nel BUJUTSU, l’ Arte del Guerriero. All’interno dei vari stili di Bujutsu tale specializzazione era chiamata in vari modi: Yoroi Kumiuchi, Kugusoku, Kumiuchi, Kenpo, Yawara Jutsu, Chikara Karube, Hakuda, Shubaku, Tai Jutsu e via dicendo. Conoscere tali tecniche era importante come è facile da capire, sia per le situazioni che potevano accadere sul campo di battaglia, sia per quelle rare volte che il guerriero si trovava disarmato. Ma era la base di scherma con la spada che dettava i tempi e stabiliva i movimenti, e molto materiale riguardava la possibilità di dover far fronte ad un avversario armato.

In questo scenario diverso era il sistema che poi diventerà l’Aiki Jutsu, viveva separato, essendo un arte estremamente elitaria e di diversa concezione dalle altre.

A far variare questo scenario pensò l’ avvento dello Shogunato Tokugawa nel 1603. Infatti non solo lo Shogun Ieyasu Tokugawa confermò un precedente editto che vietava a chiunque non fosse Bushi, Samurai, di tenere e portare armi, ma anche iniziò un era di generale pacificazione e portare le armature divenne un fatto inconsueto, inoltre, data la consuetudine di lasciare le armi alla porta d’ ingresso delle abitazioni, dei templi, dei teatri e altri uffici e negozi, aumentarono le occasioni in cui ci si poteva trovare coinvolti in un combattimento essendo disarmati. A questo punto le tecniche disarmate divennero maggiormente appetibili da vaste fasce di persone. Accaddero due fenomeni: da una parte molte scuole che avevano una sezione di studio del combattimento a mani nude incrementarono l’importanza della stessa dandole maggiore impulso e vigore, dall’altra parte ne sorsero delle altre, che facevano del combattimento a mani nude la loro maggior bandiera.

Anche se erano molti e diversi i nomi che venivano date a queste modalità di combattimento disarmato, per lo più restava l’ antico nome del periodo delle guerre, pian piano si fece largo il nome collettivo e generico di Ju Jutsu.


 


 

Le armi tradizionali usate nel Ju Jitsu

Lo studio delle armi rappresentava, per tutte le scuole tradizionali, una delle componenti fondamentali del programma tecnico. Questo aspetto cominciò a diminuire d'importanza a partire dal 18° secolo. Ai giorni d'oggi, lo studio delle armi tradizionali rimane all'interno del programma tecnico come allenamento classico finalizzato al perfezionamento di tutte le qualità psico-fisiche e tecniche del praticante esperto e soprattutto alla preservazione della tradizione
 

 
Da alcune di queste armi tradizionali, una volta studiate a fondo e riportate alla realtà contemporanea, sono derivate numerose varianti, che le scuole di Ju Jitsu interessate allo studio del Kobu-Jutsu inglobano nel programma tecnico e continuamente perfezionano. Non dimentichiamo che alcune di queste sono diventate armi in dotazione a numerosi corpi militari e di polizia internazionali, come il Keijo ed il Tonfa.
 


LA SPADA (Katana)

Per il guerriero classico, la spada non era considerata una semplice arma. Essa era il simbolo della giustizia e della lealtà. Il guerriero non la usava con odio, rancore e crudeltà, ma sempre secondo l'etica dettata dal codice d'onore dei Samurai. Il Katana è una spada la cui lama si ritiene derivi dalle antiche spade di origine mongola, leggera e bilanciata spesso si associa al Wakizashi, spada più corta che si utilizza con una sola mano. Le tecniche riguardanti l'uso della spada, vanno sotto il nome di Ken-Jutsu e Iai-Jutsu. Il Ken-Jutsu è la disciplina molto complessa che si occupa dello studio del maneggio e del combattimento reale con la spada, prevedendo posizioni di guardia, tecniche di attacco e di parata, kata. Lo Iai-Jutsu è la disciplina che studia in particolare lo sfoderare la spada colpendo con estrema precisione, velocità ed efficacia l'avversario. Nel Ju Jitsu, la pratica del Ken-Jutsu prevede l'uso completo della spada in tutte le sue parti componenti che oltre alla scherma, si utilizzano per colpire, bloccare e lanciare l'avversario nel combattimento ravvicinato. Il Ken-Do è la moderna disciplina sportiva della scherma giapponese derivata dall'antico e classico Ken-Jutsu che prevede esclusivamente lo studio del combattimento sportivo lama contro lama, utilizzando una sorta di spada costruita con lamine accoppiate di bambù (Shinai) ed un'armatura di protezione per il corpo dei praticanti. La più antica e classica scuola registrata di Ken-Jutsu è la Tenshin-Shoden-Katori-Shinto-Ryu, fondata intorno al 15° secolo da Choisai Srasa Ienao.
 


IL PUGNALE (Tanto)

Il pugnale giapponese è simile per struttura alla spada. In tutte le scuole di Bu-Jutsu. L'uso del Tanto era accompagnato generalmente alle tecniche di strangolamento e di immobilizzazione. Una delle scuole più note specializzata nel Tanto, era la Tachenouchi-Ryu.

 

LA LANCIA (Yari)

Lo Yari era formato da un lungo manico di legno duro con fissata in cima una punta, spesso intercambiabile, di acciaio affilatissima di diverse fatture accoppiata a ganci, uncini e spuntoni di vario genere. La scuola più nota di Yari era la Sekiguchi-Ryu.

 

L'ALABARDA (Nagi-Nata)


Simile allo Yari, la Nagi-Nata era costituita da un manico di legno duro e pesante lungo circa due metri con in cima fissata una lama simile a quella del Wakizashi. Originariamente quest'arma era nata per il combattimento contro i cavalieri, ma grazie alla sua fattezza e usata con maestria, era particolarmente efficace anche per combattere guerrieri a terra e contro tutte le altre armi.

 

IL BASTONE LUNGO (Chobo o Bo)


Bastone del diametro di circa 3 cm. Lungo circa 1.80 m. non faceva parte delle armi classiche del guerriero Samurai. Nonostante ciò circa 300 Ryu incorporavano nel loro programma tecnico lo studio del Bo o Bo-Jutsu come formidabile attività propedeutica. La prima scuola per importanza fu la Tenshin-Shoden-Katori-Shinto-Ryu a sviluppare tecniche non militari di Bo-Jutsu derivate in particolare dall'uso che i monaci buddisti facevano di questo bastone per difendersi dai soventi attacchi dei briganti contro i monasteri. La particolarità di questo bastone era nella scelta del legno con cui era costruito che doveva essere particolarmente denso e pesante per consentire poi di competere efficacemente anche contro la spada.

 

IL BASTONE MEDIO (Hambo o Jo)


Più corto del precedente, circa 130 cm., consentiva una maggiore maneggevolezza ed efficacia nel combattimento ravvicinato. La scuola che maggiormente sviluppò le tecniche di questo bastone (Jo-Jutsu) nacque intorno al 17° secolo col nome di Shindo-Muso-Ryu. In particolare l'uso dell'Hambo si concentra su colpi fendenti e stilettate, tecniche di bloccaggio impostate sulle articolazioni di spalla e gomito.

 

IL BASTONE CORTO (Keijo)


Il Keijo ha un diametro di circa 25 cm. e una lunghezza di circa 60 cm. Non appartiene alla "famiglia" del Kobu-Jutsu classico ma fa parte del gruppo delle armi "importate" dal Kobu-Do tradizionale dell'isola di Okinawa. Il Keijo fu introdotto in Giappone subito dopo la seconda guerra mondiale come arma complementare in dotazione alle forze di polizia. Quest'arma si pensi derivi dall'antico Jitte, una sorta di Sai ad un solo uncino, che era l'arma in dotazione ai poliziotti dell'epoca Togukawa con cui, usando tecniche particolari, riuscivano a disarmare ed a volte anche a spezzare le lame delle spade dei fuorilegge. Questa particolare arte venne sviluppata intorno al 17° secolo dalla scuola Ikaku-Ryu. Altre armi di origine Okinawense importate nel programma tecnico non classico sono: Tonfa, Nunchaku, Sai.

 

IL VENTAGLIO (Tessen)


Il ventaglio di guerra (Tessen) era costruito con le fattezze di un normale ventaglio, ma dotato di stecche metalliche taglienti e appuntite, sulla tela era raffigurato spesso lo stemma della casta del Samurai o del reparto militare di appartenenza. Era un'arma tipicamente di difesa particolarmente efficace contro il Tanto. Quando il Samurai si recava in visita presso la residenza di un personaggio di riguardo, il Tessen era l'unica delle sue armi a cui era concesso di rimanere nell'Obi in segno di pace e di amicizia.

 

IL FALCETTO (Kama) e LA FALCE CATENATA (Kusarikama)


Entrambi derivati da normali attrezzi agricoli che in particolare i monaci usavano efficacemente per difendersi. Il Kusarikama, più grosso e munito di una lunga catena con un contrappeso all'estremità, fu particolarmente studiato dalle scuole classiche di armi e addirittura usato da reparti militari. Una delle scuole che perfezionarono quest'arma, fu la Ishin-Ryu.
 

Che cosa sia il Ju Jutsu non è molto ben chiaro, qui in Occidente e ai giorni nostri. Dando uno sguardo in giro, curiosando nelle varie famiglie o associazioni che dir si voglia, l’osservatore non potrà fare a meno di notare una estrema diversità di trattazione del medesimo soggetto. Il Ju Jutsu si è diffuso in Occidente soprattutto dalla fine degli anni settanta, quando alcune organizzazioni internazionali ma di gestione completamente occidentale riuscirono a diffondere un insieme di tecniche prese da scuole diverse, miscelandole ad altre tecniche di lotta europea di vari tipi, unendo un po’ di invenzioni personali e tecniche da "corpi speciali", il tutto sotto la bandiera della "Difesa Personale", con una spruzzata di tecniche d’arma eseguite all’impronta, ma in modo spettacolare, per il tocco d’esotico. Gestito e propagandato scopertamente come un "affare", questo tipo di Ju Jutsu all’osservatore esterno non completamente digiuno, appare come un raffazzonato insieme di movimenti non completi, poco validi tecnicamente, utili solo a dimostrare la vena acrobatica di chi fa finta di subirli, rapido a lanciarsi in sonore cadute. All’osservatore ancora un poco più esperto è evidente la mancanza assoluta di sensazione, studio della distanza, ricerca del tempo e pulizia di movimento. Tecnica simbolo: le KAMI BASAMI o forbici volanti, portate al collo dell’avversario con balzi plastici, ma ancora più improbabili dei calci volanti del Tae Kwon Do.



 
Da alcuni anni si parla anche del Ju Jutsu brasiliano. Si tratta di un sistema autenticamente giapponese insegnato molti anni fa ad alcune famiglie brasiliane da alcuni esperti giapponesi di grande bravura tecnica e didattica, e ulteriormente messo a punto da alcuni di questi brasiliani, altrettanto geniali e capaci, sfruttando a meglio la "biosfera" locale, ricca di sfide "reali" e combattimenti da strada. Non pratica alcun tipo d’ arma. E’ estremamente efficace nel combattimento "uno contro uno", in cui va direttamente al nocciolo, con poche e sicure tecniche di calcio o pugno, che servono essenzialmente a preparare il corpo a corpo, dove il praticante di Ju Jutsu brasiliano frutta un fisico asciutto ma forte e resistente, una manualità da piovra e un sistema che chiude l’ avversario finendolo in una tecnica sicura. Il suo simbolo può essere rappresentato dal Juji Gatame Kansetsu o da un Shime Waza. E’ il contrario dell’ altro Ju Jutsu: nessuna spettacolarità ricercata, massima efficacia.
 



La Leggenda della Neve

Tutte queste varie discipline erano accomunate dal proposito di sfruttare la cedevolezza piuttosto che la forza. Una leggenda parla del medico Shirobei Akiyama che inventò il metodo guardando degli alberi durante una tempesta . Pini e querce maestose vedevano i loro rami, o addirittura i loro tronchi spezzarsi sotto il peso della neve abbondantemente caduta e sotto le raffiche di vento. Il flessibile salice invece seguiva piegandosi i potenti soffi della tempesta e, se la neve si accumulava su di lui, si fletteva progressivamente fino a che la massa non scivolava a terra, per poi rialzarsi elastico e libero. Questa visione fu una illuminazione per il medico, che unendo al principio scoperto le teorie taoiste e Yin-Yang proprie della medicina cinese, avrebbe così inventato il Ju Jutsu.

Un altra storia parla del letterato e poeta cinese Chen Genpin (1587-1674) come l’uomo che, insegnando a tre Ronin durante il suo soggiorno ad Edo tre tattiche di Arti Marziali cinesi, diede il via alla nascita dei sistemi di combattimento a mani nude. I tre Ronin fondarono tempo dopo tre famose scuole dove, accanto al maneggio delle armi, era estremamente sviluppata la pratica del combattimento a mani nude.

Se è indubbia l’influenza della cultura delle discipline da combattimento cinesi su quelle giapponesi, ricordiamo che i numerosi stravolgimenti del potere imperiale in Cina portarono spesso esuli di tutti i tipi in Giappone, ben accetti per il valore delle loro conoscenze, è altrettanto indubbio che poi nelle "Isole del Sol Levante", l’arte del combattimento stesso mutò in modo del tutto diverso e se è possibile notare paralleli tra tecnica e tecnica, è parimenti possibile notarne differenze ed originalità.

Un parallelo è facilmente rilevabile: nelle Arti Marziali cinesi la tecnica è robustamente legata allo studio dei principi taoisti dello Yin-Yang e dei "Cinque Movimenti" e delle altre leggi che scaturiscono da questi punti fondamentali. Tali legami sono espressamente dichiarati e la loro delicata complessità è una misura di salvaguardia sufficiente per garantire che non possano essere facilmente assorbiti e sfruttati da un qualsiasi neofita, ma al contrario necessitino di uno studio lungo e accurato dietro l’attenta tutela di un adeguato maestro. In Giappone è meno facile trovare paralleli tra le tecniche e queste filosofie, le azioni vengono presentate in modo più diretto, costruendo piuttosto un preciso parallelo tra il movimento del corpo e un fatto, momento o avvenimento naturale, la cui intima comprensione permette di capire ed eseguire in modo ottimale la data tecnica. Esempi conosciuti, oltre il salice, sono cascate e corsi d’acqua, soffi di vento e visioni di luna sulla valle. In un secondo momento, però, dietro altre immagini allegoriche o celate, è possibile accedere al cuore energetico della disciplina intera e delle sue singole azioni, in modo da raggiungere sia la padronanza della scuola, sia una "visione del Mondo" soddisfacente per la serenità della propria vita.

In generale le scuole giapponesi paiono più pragmatiche e dirette di quelle cinesi, spesso più "secche", perché influenzate dalla precisa situazione tattica della nazione.
 


 


Due parole sulle scuole di Ju Jutsu storiche

Senza dimenticare che le maggiori scuole di Bujutsu tradizionale, come il Tenshin Shoden Katori Shinto Ryu, il Muso Jikiden Ryu, lo stesso Niten Ryu di Musashi, lo Yagyu Shinkage Ryu, il più tardo Takenouchi Ryu trattavano numerose tecniche di combattimento senz’armi, gli stessi Miyamoto Musashi e Munemori Yagyu erano ottimi combattenti anche senza spada, possiamo notare che la maggior parte delle "Scuole di Ju Jutsu" sorse durante il periodo dello Shogunato Tokugawa (1603-1868), quando non si usarono più le armature e il porto delle armi fu inibito a chi non facesse parte della casta dei Bushi o Samurai. Ricordiamo che tali scuole non trattavano solo l’argomento "lotta senz’armi", ma insegnavano anche il maneggio di armi tradizionali (spada, bastone, spada corta) o di altre un po’ particolari (Jitte o corti bastoncini di metallo, pugni di ferro, ventaglio, pistola, Kusari Gama, altri tipi di catene, e così via).

Allo stesso tempo le tecniche disarmate all’ interno di ogni singolo "Ryu" o scuola avevano un "taglio" ben preciso: alcune scuole erano specializzate in colpi o Atemi, altre nelle spazzate di piede o Harai Waza, altre nelle tecniche d’ anca o Koshi waza, altre nella rottura delle ossa e delle giunture, o Koppo, e molte altre varietà. All’interno della scuola era compreso anche lo studio delle tecniche di pressione, massaggio o altro trattamento idonee ad annullare l’effetto della maggior parte dei colpi. Occorre ricordare ancora che le tecniche di lancio, poi radunate da Jigoro Kano nella sua scuola Judo Kodokan, a quei tempi venivano usate con prese e modalità tali, che la caduta di chi subiva la tecnica avveniva con una angolazione pericolosa, sufficiente a produrre gravi lesioni corporee.

Inoltre l’insegnamento delle tecniche di massaggio e digitopressione formavano una conoscenza supplementare che aumentava di molto l’ efficacia delle prese, delle leve articolari e dei soffocamenti. Alcuni maestri di stili ancora esistenti ai giorni nostri hanno detto che lo studio delle Arti Marziali senz’armi, disgiunto da quello dello Shiatsu, non è produttivo e "sincero".
 


 

Lo Ju Jutsu oggi. Lo stile Yoseikan

La crescita del Kodokan Judo di Jigoro Kano e il suo evolversi verso la sportivizzazione nei nostri tempi contemporanei, con la sua presenza e le sue leggende, ha oscurato il Ju Jutsu, facendolo cadere nell’oblio. Alcuni ne parlavano semplicemente rendendo "più rudi" le tecniche di Judo già imparate e mettendo l’enfasi con quelle parti che venivano via via trascurate dalla pratica agonistica, come leve in piedi, qualche atemi sommario, gli strangolamenti. Poi altri aggiunsero tecniche via via più improbabili, dicendo di recuperarle da chissà quale antico testo, vennero le forbici volanti e cose simili.

Poi finalmente dei ricercatori ritrovarono alcune antiche scuole giapponesi ed iniziarono a farle riconoscere al mondo. Queste scuole, molto interessanti permettono di ritrovare dei tasselli del mosaico delle Arti Marziali, apparentemente perduti.

Il Ju Jutsu della scuola Yoseikan è un Goshin Ju Jutsu, cioè uno studio votato a scopi pratici e di Difesa Personale esattamente come erano e sono gli stili antichi. Uno studio di come rispondere fisicamente ad un attacco, come neutralizzare attacco ed attaccante nel modo più efficiente ed economico possibile. Il suo addestramento comprende tecniche dirette basate su colpi, leve, proiezioni, immobilizzazioni e strangolamenti. Non si occupa del combattimento con armi, a cui fanno invece riferimento altre scuole Yoseikan come le discipline Budo e Aikido. Oltre che a essere utile per la forma corporea, essendo una attività completa e biomeccanicamente corretta, "mette a punto" la riflessione e l’immediatezza, ovviamente insegna a difendersi ed è una disciplina propedeutica a successivi studi più approfonditi in altre Arti Marziali.
 


 
















 

 
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